Nuovi cardinali, il mondo visto dal basso

17 nuovi cardinali, di cui 13 in età da conclave, continuano a delineare la nuova geografia ecclesiale voluta da papa Francesco. Che non è più eurocentrica. Il cuore della Chiesa batte in Siria
papa Francesco

Sembra che il papa abbia fretta di ridisegnare la geografia della Chiesa cattolica. O meglio, che abbia fretta di adeguare la struttura cardinalizia alla realtà della Chiesa che è nei cinque continenti. Così 13 nuovi cardinali elettori di 11 nazioni dal 19 novembre entreranno a far parte del collegio elettore, internazionalizzandolo ulteriormente, e 4 avendo più di ottant’anni non potranno entrare in un eventuale conclave. Tra questi ultimi uno dei due italiani, Renato Corti, arcivescovo emerito di Novara, e il sacerdote albanese Ernest Simoni, di Scutari, che ha passato ventotto anni in prigione, dal Natale 1963 al 1990. 


I 13 elettori rivelano non poche sorprese: innanzitutto l’altro italiano, il nunzio in Siria, Mario Zenari, che non per questo lascerà «la martoriata Siria», come ha detto il papa. Dieudonne Nzapalainga viene da un altro Paese in guerra, la Repubblica centrafricana, in cui è arcivescovo di Bangui; c’è pure Carlo Osoro Sierra, arcivescovo di Madrid in Spagna; Sergio da Rocha, arcivescovo di Brasilia in Brasile; tre statunitensi, come Blase Cupich, arcivescovo di Chicago, Joseph William Tobin, arcivescovo di Indianapolis, e Kevin Farrell, recentemente nominato prefetto del dicastero per i laici; l’ultimo nominato proveniente dal “Nord” del mondo è Jozef De Kesel, arcivescovo di Maline-Bruxelles, in Belgio. Si va poi a Sud: Patrick D’Rozario, arcivescovo di Dacca, in Bangladesh; Baltazar Enrique Porras Cardozo, arcivescovo di Merida, in Venezuela; Maurice Piat, arcivescovo di Port Louis nell’Isola Maurizius. Carlos Aguiar Retes, arcivescovo di Tlalnepantla in Messico; infine John Ribat, arcivescovo di Port Moresby, in Papua Nuova Guinea. Ma tra gli ultraottantenni ci sono anche Anthony Soter Fernandez, arcivescovo emerito di Kuala Lumpur in Malesia, e Sebastian Koto Khoarai, vescovo emerito di Mohale’s Hoek, nel Lesotho.

 

Colpisce come il papa scelga personaggi poco conosciuti (con “l’odore delle pecore”, solitamente) o comunque legati a situazioni particolari soprattutto belliche o colpite da disordini sociali, mandando per aria il bilancino di chi vorrebbe che il collegio cardinalizio fosse espressione alla Cencelli della potenza dei vari episcopati. Nel secondo concistoro si diceva ad esempio che il papa trascurava o addirittura puniva gli Stati Uniti, ma questa volta sono ben tre gli statunitensi!

 

Pastori, dunque, gente non legata a cordate particolari, uomini legati piuttosto naturalmente o elettivamente al loro popolo, persone che esercita il “potere” con misericordia e attenzione, vescovi delle periferie più lontana, spesso a capo di comunità cattoliche molto piccole e minoritarie. Non si creda che siano solo operazioni di maquillage, perché questi saranno gli elettori del successore di Bergoglio: appare evidente come la composizione variegata del collegio porterà a non tornare indietro nelle svolte evangeliche e internazionali degli ultimi papi, impedendo nei fatti cordate vere o presunte, come quelle miseramente naufragate nell’ultimo conclave. Il mondo del papa guarda il pianeta dal Sud, dal basso. E mostra una Chiesa che è realmente una “piramide rovesciata”.

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