Nuove elezioni nel segno della Lega

La crisi latente del governo Conte è esplosa con il caso Tav. Salvini esprime una posizione maggioritaria secondo i sondaggi, mentre il dissenso non trova una casa comune

«Non allontanatevi da Roma».  Il preallarme rivolto ai parlamentari, ormai con il biglietto pronto per le lunghe ferie, è stato il primo segnale eloquente della crisi del governo Conte che apre allo scenario di nuove elezioni politiche in tempi brevissimi, entro ottobre.

Alle 20 dell’8 agosto è arrivata la nota ufficiale di Salvini che invita ad andare subito in Parlamento, anche lunedì prossimo, per prendere atto che «non c’è più una maggioranza di governo», per andare subito al voto e restituire la parola agli elettori, «senza rimpasti e governi tecnici».

Il presidente del Consiglio Conte ha ribadito in una conferenza stampa che non spetta al ministro degli interni convocare le camere, che è tenuto a rispettare le competenze istituzionali e comunque lo invita a rendere esplicita davanti al Parlamento le ragioni di questa sua scelta invitando tutti a parlare in verità «senza nascondersi dietro dichiarazioni retoriche e dichiarazioni mediatiche».

È un agosto rovente e si attendono scintille nel dibattito alle Camere, se solo si ascoltano le diverse esternazioni come quelle del leader in pectore dei 5 stelle, Alessandro Di Battista, che non ha perso occasione in questi ultimi tempi per attaccare l’alleato del contratto di governo su diversi fronti, a partire dai rapporti poco trasparenti con la Russia di Putin. Secondo il M5S il vero motivo della crisi si deve leggere nella intenzione trasversale di impedire la riduzione del numero dei parlamentari definito da una legge costituzionale da definire ai primi di settembre.

Resta poi il nodo della data della convocazione delle camere, la consultazione dei partiti, e l’indizione delle elezioni che cadrebbero in tempi che rendono difficile la formazione del nuovo governo e l’approvazione della manovra finanziaria entro dicembre, per evitare il caos, con l’aumento dell’Iva e l’esercizio provvisorio del bilancio. I tempi e la modalità della gestione della crisi restano di competenza del presidente della Repubblica che incontrerà più volte oltre a Conte, i presidenti di Camera e Senato. Una situazione in continuo aggiornamento che non esclude colpi di scena.

È comprensibile la volontà della Lega di poter raccogliere un consenso così esteso da non trovare ostacoli a livello di opposizione dei partiti e della società. La prova generale si è consumata con l’adozione del decreto sicurezza e immigrazione. Il dissenso via social si rivela effimero e passeggero davanti a chi può esercitare il potere esibendo il sorriso beffardo e sicuro di una adesione crescente nella popolazione, che si associa ad un certo fatalismo dei teorici oppositori.

Si può forse spiegare in tal modo la ritrosia delle grandi associazioni ad esporsi per un movimento esteso di opposizione pubblica anche verso il complesso di norme dei due decreti sicurezza e immigrazione che contrastano, in alcune parti, con le regole basilari della convivenza umana. Esiste il fondato timore di mettersi contro una posizione egemone destinata a governare per lungo tempo il Paese in una fase di decisiva transizione.

Stando ai sondaggi esplorativi sulle intenzioni di voto, il partito di Salvini viaggia verso il 40 %, mentre il suo alleato più naturale, e cioè la destra di Fratelli d’Italia, si avvicina all’8%, godendo della progressiva scomposizione di Forza Italia, messa in crisi anche dal nuovo partito fondato da Giovanni Toti, presidente della regione Liguria, molto vicino alla nuova coalizione che avanza. Gruppi minuscoli come Casa Pound, dopo aver coltivato nel 2015 la nascita di un blocco sovranista con Lega e gli eredi del Movimento sociale, hanno deciso di rinunciare alla forma partito per tornare ad essere movimento politico di avanguardia, oltre a presidiare il disagio delle periferie.

Finora il M5S si è mosso come alleato di minoranza pur avendo ricevuto il doppio dei parlamentari della Lega e sembra avviarsi a ricevere una forte sconfitta nelle urne, scendendo al 18%, sotto il Partito democratico che fatica a riprendersi dall’umiliazione subita il  4 marzo 2018 sotto la guida di Matteo Renzi. L’attuale senatore della provincia fiorentina controlla ancora la maggioranza dei parlamentari dem, nonostante la nuova segreteria di Zingaretti. Il partito si attesterebbe al 23% , ma è diviso al suo interno, come si è palesato nella diversa strategia adottata durante il voto sulla Tav. I senatori democratici potevano uscire dall’aula di palazzo Madama, come chiedevano alcuni, rendendo palese la divisione tra i due contraenti del governo Conte per farlo crollare, ma hanno deciso di restare salvando la situazione votando a favore della prosecuzione della grande opera in Val di Susa assieme a Lega e centrodestra.

D’altra parte il nodo Tav rappresenta una scelta importante e identitario per il Pd se il primo gesto, da segretario, di Nicola Zingaretti è stato quello di visitare i cantieri auspicando la ripresa dei lavori, sostenendo le manifestazioni guidate dai rappresentati della borghesia produttiva torinese (le cosiddette “madamine”). Solo il senatore dem Tommaso Cerno ha motivato il suo dissenso, votando la mozione dei 5 Stelle contraria alla Tav, ma esibita come gesto estremo di una battaglia perduta, assieme a tutte le altre istanze ambientaliste e movimentiste che ne hanno contrassegnato l’identità, assieme alla polemica anticasta.

Difficile ipotizzare alleanze alternative per nuovi incarichi di governo nell’attuale geografia parlamentare. Il destino delle elezioni pare, perciò, segnato, anche in caso di riedizione di un governo estivo o “balneare”, formula di altri tempi, quando a scontrarsi erano le correnti dc e i socialisti, costretti a convivere come cane e gatto per timore dell’avanzata del partito comunista.

Ma i numeri dei sondaggi di opinione esprimono anche una vasta area di incertezza per l’alta percentuale di astensionismo. Una massa variegata di potenziali votanti, difficili da comprendere e analizzare ma capaci di ribaltare ogni previsione. Potrebbero essere attratti, nella ricerca di sicurezza, dalla nuova maggioranza che avanza. Oppure aderire ad una diversa posizione capace di stagliarsi come opposizione riconoscibile per visione e credibilità. Dopo il successo travolgente di Berlusconi del ‘94, come è noto sorse l’Ulivo guidato da Romano Prodi, ma parliamo di una stagione ormai lontana nel tempo. Ora tutto è cambiato, con la crisi del centro sinistra che coinvolge anche il bastiano tosco emiliano umbro.

Con una sinistra- sinistra ridotta a meno del 3% sembra che l’unica strategia palesata anche da Renzi sia una nuova formazione sul modello di Macron, capace di attirare quei settori dell’area liberale espressi finora da Forza Italia. Una prospettiva decisamente diversa da quella ancora indefinita di Zingaretti, con il rischio di ulteriori spaccature. Il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, tecnico assunto a simbolo del centrosinistra vincente, pare indicare la strada di una linea più attenta a giustizia sociale e ambiente, ma la declinazione di questi ideali è assai differenziata nelle espressioni della società civile portatrice di una visione alternativa a quella di Salvini.

Un quadro decisamente complicato dove non sembra riconoscibile una posizione personalista di ispirazione cristiana laicamente intesa. E cioè radicalmente diversa da ogni devozione esibita e superficiale. La vera scuola di politica si sta compiendo in tante attività che comportano la capacità di spendersi per il bene comune nella lotta alla mafia, nell’accoglienza della vita (dei naufraghi come di quella nascente e di ogni escluso) e nella difesa del territorio e nell’impegno contro la guerra. Senza voler mettere tutti lo stesso cappello o rievocare esperienze sorpassate, appare necessario saper mettere al centro il merito delle questioni in gioco: l’idea di persona e società che sono imprescindibili per la convivenza umana.

Di fronte ad una crisi che mette in pericolo i valori costituzionali, e può aprire le porte a scontri destinati ad esplodere nel clima di intolleranza che si respira, si sente la necessità di una parte di società che sappia porsi la questione del bene comune.  Senza dover confidare solo istituzionalmente nelle doti di saggezza e equilibrio del presidente della Repubblica, fino a quando quel ruolo verrà coperto da una personaggio con la storia e la cultura di Sergio Mattarella.

 

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