Nuova legge elettorale. Soluzioni possibili
L’eco del referendum si sentirà ancora a lungo, fino alle elezioni politiche che per vie naturali dovrebbero tenersi fra poco
più di un anno; la legislatura infatti termina a marzo 2018, ma nessuno esclude lo
scioglimento anticipato, a causa del logoramento politico e della sconfitta referendaria. Anzi, non pochi avrebbero voluto le elezioni subito, come esito del voto, ma
il capo dello Stato si è trovato vincolato al proseguimento della legislatura dalla contraddittorietà delle leggi elettorali vigenti per l’elezione della Camera dei deputati (l’Italicum, fortemente maggioritaria) e del Senato della Repubblica (proporzionale puro, derivante da quel che resta della vecchia legge Calderoli dopo la sentenza della Corte costituzionale).
Tale situazione si è determinata perché il governo Renzi, confidando nell’entrata in vigore della riforma costituzionale, si era preoccupato di predisporre anzitempo la legge elettorale solo per la Camera; i senatori infatti col nuovo sistema sarebbero stati eletti all’interno dei consigli regionali. Ma le cose sono andate diversamente e con l’Italicum alla Camera e il Consultellum al Senato si eleggerebbero due Camere inconciliabili, con rischio di non riuscire neppure a formare una maggioranza. È nato così il governo Gentiloni, tenuto a battesimo dal presidente Mattarella proprio per consentire al Parlamento di «armonizzare i sistemi elettorali delle due Camere». Si badi bene: al Parlamento, non più al governo stesso, che sarà “nei pieni poteri” ma non presenta tra le sue fila il ministro per le riforme elettorali.
Sulla questione il presidente del Consiglio ha dichiarato che il governo «accompagnerà e se possibile faciliterà» il lavoro delle forze parlamentari sulle leggi elettorali, restituendo al Parlamento quel protagonismo che la stagione dell’interventismo riformista governativo (spintosi fino all’approvazione dell’Italicum con voto di fiducia) aveva negato. Cosa aspettarsi dalle forze parlamentari? Oltre all’obiettivo di produrre la stessa maggioranza nelle due Camere, la stella polare deve essere la ricostruzione del rapporto cittadini/Parlamento, invertendo senza tentennamenti la rotta che ha portato al suo scollamento e con esso a un intollerabile degrado della classe politica, a sua volta alla radice di tanto scadimento generale. Questi obiettivi andranno colti nella cornice fisiologica di una legge elettorale che deve saper conciliare rappresentatività e governabilità senza che una delle due mortifichi eccessivamente l’altra. Traguardi impossibili? In verità rappresentano la grande sfida di ogni sistema elettorale e il Parlamento deve agli italiani un tentativo serio e responsabile in questa direzione, svincolato da valutazioni contingenti e interessate. Al momento tutte le forze politiche sono in fase di studio. La prevista – ma non certissima – sentenza della Corte costituzionale sull’Italicum, attesa per la fine di gennaio 2017, porta tanti a preconizzare il risorgere del proporzionale. In verità non ci sono certezze, sia perché su una base proporzionale si possono poi innestare molti correttivi (anche il defunto Porcellum era a base proporzionale) e sia perché pare stia riprendendo quota, sponsorizzato al momento dalle formazioni di centro-destra, il sistema noto come Mattarellum perché l’attuale presidente della Repubblica nel 1993 ne fu relatore da deputato (mentre ministro per le riforme era Leopoldo Elia. Altri tempi). Con il Mattarellum sono stati eletti i Parlamenti
del 1994, del 1996 e del 2001, quindi lo si conosce: l’Italia era suddivisa in tanti piccoli collegi in cui si confrontavano i candidati delle varie liste, uno solo dei quali usciva eletto per aver preso un voto in più degli altri. È utile aggiungere che con il collegio uninominale si eleggeva il 75% dei parlamentari; per il restante subentravano metodiche proporzionali. Al Mattarellum si può attribuire il pregio di rendere possibile la conoscenza dei candidati e più facile il legame tra l’eletto e gli elettori, caratteristiche del collegio uninominale che inoltre agevola la rappresentanza territoriale. Ma anche il proporzionale può garantire questi obiettivi, a patto che sia costruito anch’esso su circoscrizioni piccole che eleggono pochi parlamentari, che siano in liste bloccate o con preferenze (ma qui si apre tutto un altro capitolo). Insomma, le forze politiche devono solo mettersi a lavorare, parlandosi ed evitando sia accordi escludenti che auto-esclusioni, mostrando di avere consapevolezza che passa attraverso la fedeltà al loro mandato di oggi la credibilità e l’autorevolezza del Parlamento di domani.