Nuova dignità per i malati di Alzheimer

I primi villaggi a loro dedicati, progettati per semplificare lo svolgimento di azioni in autonomia
Malati di Alzheimer

Le demenze degenerative tipo Alzheimer, o quelle vascolari, sono patologie a sviluppo cronico progressivo, non essendo stata individuata finora una reale possibilità di guarigione. Le poche strategie terapeutiche oggi disponibili e scientificamente approvate possono portare solo a un rallentamento del processo, con spesso un allungamento della vita.

La demenza è anche la prima causa di disabilità nelle persone anziane, e per questo nella nostra società, sempre più longeva, diventa importante trovare delle modalità assistenziali che coniughino efficacia di intervento e umanità.

Una soluzione innovativa è sorta circa 10 anni fa nel villaggio di Hogeweyk, nel Comune olandese di Wees, presso Amsterdam, dove è stato realizzato un villaggio in cui le persone con demenza ricevono assistenza in un ambiente progettato appositamente per loro, che assicura il comfort e la serenità di cui godevano in passato all’interno del proprio quartiere. Anche in Italia i primi villaggi Alzheimer sono stati inaugurati di recente a Roma e Monza; altri sono in fase di realizzazione.

Il micro-quartiere si compone in genere di piccole casette a uno o due piani gestite come case-famiglia, con persone in fase iniziale o moderata di demenza, aiutati sia di giorno che di notte da personale qualificato. Sono quartieri che vengono integrati da servizi vari quali ristorante, bar, piccoli negozi, gallerie di arti e mestieri, salone di bellezza, palestra, sala musica, cinema-teatro, laboratorio occupazionale, cappellina, sala polifunzionale, ambulatorio medico e infermieristico. Ogni residente occupa in genere una stanza personale – se possibile anche con propri quadri, foto e arredi – e gode di un’ampia area comune di soggiorno con una cucina, un piccolo giardino o un piccolo orto.

Gli alloggi vengono progettati per semplificare lo svolgimento di azioni in autonomia, come vestirsi o andare in bagno da parte degli ospiti, con ad esempio percorsi luminosi a terra per la notte, armadi “intelligenti”, profumi o musiche che incidono positivamente sullo stato d’animo. Alcuni appartamenti sono un concentrato di domotica con piccoli computer che misurano riscaldamento e luci, tv con telecamere che controllano le emozioni degli abitanti e trasmettono messaggi video dei parenti.

L’ospite ha quindi la sensazione di non essere rinchiuso, ma di trovarsi in un piccolo paese, in cui si può muovere liberamente nelle strade e nella piazza, nei negozi o al caffè, anche se in realtà è costantemente monitorato da personale qualificato che può prendere le sembianze del panettiere, del giornalaio o del barista. Spesso una tecnologia avanzata di controllo garantisce opportune condizioni di protezione e sicurezza, talora utilizzando braccialetti od orologi smart con sensori per la geolocalizzazione, che permettono però anche piccoli pagamenti, l’aprire porte e ascensori, la rilevazione di semplici parametri vitali.

Il villaggio è uno spazio aperto anche ai cittadini sani, che possono usufruire di alcuni servizi presenti nel quartiere, perché ciò che si vuole garantire è l’integrazione funzionale e operativa con il territorio circostante, in rete con i servizi e il volontariato esistente, per un innovativo impegno solidale.

I primi villaggi sono stati creati grazie alla compartecipazione di enti pubblici e fondazioni o soggetti privati, raccogliendo anche donazioni di famiglie illuminate. Sebbene il costo per paziente sia elevato (in Olanda circa 230 euro, in Italia intorno ai 100-110 euro al giorno), è da considerare che non vi sono spese accessorie per il riscaldamento o il condizionamento estivo, affitti o altre bollette da pagare, controlli medici o infermieristici da fare, badanti da stipendiare, palestre da contattare o parrucchiere da chiamare.

I primi dati sembrano confermare che tali villaggi possono rallentare il decadimento cognitivo, migliorare il tono dell’umore, ridurre i disturbi del comportamento e il numero di farmaci assunti, aumentando l’autonomia dei pazienti nella vita quotidiana, offrendo alla persona residente l’opportunità di continuare a vivere una vita più ricca e adeguata alle sue capacità, ai suoi desideri e ai suoi bisogni. Con un approccio di rara umanità a questa penosa malattia viene così ridata alla persona una nuova dignità, anche sociale e comunitaria.

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