Il nucleare verde e l’Italia, la posizione di Greenpeace

L’inserimento dell’energia nucleare tra le fonti sostenibili dal punto di vista ambientale è una questione centrale per l’attuazione della transizione ecologica. Sono in gioco i finanziamenti previsti dall’Ue. La grande pressione della Francia e l’opposizione della Germania. Per quanto tempo il governo italiano di larghe intese, guidato da Draghi, può rimanere in mezzo al guado? L’opinione di Giuseppe Onufrio, direttore di Greenpeace Italia, come contributo al dibattito nell’approfondimento promosso su cittanuova.it
Ncleare in Francia (Ludovic Marin, Pool Photo via AP)

La questione del ricorso all’energia nucleare è ormai centrale nella politica mondiale, europea e, quindi, del nostro Paese. Dove sembrava che il discorso fosse ormai chiuso dopo l’esito dei referendum del 1987 e soprattutto quello del 2011 che si è svolto all’indomani del disastro della centrale nucleare di Fukushima. Il responso popolare mise fine a tutto un processo di ritorno al nucleare promosso dagli accordi tra Italia e Francia, allora guidate da Berlusconi e Sarkozy.

Mentre l’attenzione sembrava monopolizzata solo dagli investimenti sulle fonti rinnovabili, il dilemma sul nucleare è stato evidenziato già dai primi approfondimenti proposti su Città Nuova a proposito della transizione ecologica che sappiamo essere non più rimandabile per uscire dalla crisi strutturale che attraversa il nostro pianeta, come evidenziato dall’’irrompere della pandemia. Il dibattito in corso in Unione europea è incentrato sulla possibilità di inserire il nucleare tra le fonti utili a frenare il cambiamento climatico. Una tesi sostenuta con forza dalla Francia di Macron per poter accedere, molto concretamente, agli investimenti pubblici e privati previsti dal Next generation Eu. Parigi ha il sostegno di Bulgaria, Croazia, Repubblica Ceca, Finlandia, Ungheria, Polonia, Slovacchia, Slovenia e Romania.

Sul fronte opposto si pone la Germania, assieme ad Austria e Spagna, dopo un momento di incertezza mostrato dal nuovo governo Scholz nonostante la presenza in ruoli chiave del partito dei Verdi ambientalisti. L’esecutivo di larghe intese guidato finora da Draghi esprime al proprio interno posizioni divergenti che hanno impedito una linea ufficiale di condotta che dovrà essere presa prima o poi in vista delle decisioni che dovrà prendere il Consiglio europeo oltre al dibattito nel Parlamento europeo.

Nel confronto aperto su citttanuova.it, come contributo ad un dibattito che deve essere aperto alla più grande partecipazione, ascoltiamo la voce di Giuseppe Onufrio, direttore di Grenpeace Italia che abbiamo già interpellato per il dossier sulla Conversione ecologica.

A cosa serve dire no al nucleare civile se poi abbiamo centrali del genere ai nostri confini, dalla Francia alla Slovenia?
In caso di incidente rilevante a una centrale vicina ai confini italiani ovviamente avremmo delle ricadute anche nel nostro territorio, è accaduto già anche con Chernobyl. In quel caso le Alpi furono una difesa: alcune aree si contaminarono e abbiamo da allora un sistema di monitoraggio per la contaminazione di alcuni prodotti.

Ma un incidente grave dentro casa è di gran lunga molto più impattante sia in termini di potenziale impatto sanitario che in termini di contaminazione del territorio e, dunque, di eventuale necessità di dover sfollare la popolazione dalle aree contaminate anche a lungo termine. Il governo francese vuole portare a 60 anni l’autorizzazione al funzionamento di molti dei suoi reattori che sono a fine vita, 16 di questi a meno di 200 km dal confine italiano. Greenpeace aveva sollecitato l’allora ministro dell’ambiente a chiedere l’applicazione delle convenzioni europee che prevedono il coinvolgimento dei Paesi confinanti in questi casi. La lettera è stata inviata ma il governo francese non ritiene di dover coinvolgere l’Italia nel processo autorizzativo. È una scelta che contestiamo: anche se i rischi sono inferiori una procedura autorizzativa seria va fatta e il nostro Paese coinvolto.

La posizione in materia e gli investimenti finanziari di Bill Gates non sono, come dice l’ex presidente di Legambiente Chicco Testa, l’indice di una credibilità e affidabilità del nucleare di nuova generazione?
Bill Gates sta finanziando un reattore autofertilizzante raffreddato al sodio, il progetto Natrium. Questo genere di reattori è noto per i precedenti clamorosi fallimenti come il progetto franco-italo-tedesco Superphenix, chiuso negli anni ’90, in cui gli italiani avevano bruciato circa 5 mila miliardi di vecchie lire. Il successivo progetto, promosso solo dai francesi, Astrid, è stato poi sospeso nel 2019 e rinviato “alla seconda parte del secolo”. Il progetto giapponese Monju di reattore autofertilizzante raffreddato al sodio è stato abbandonato nel 2016 dopo aver investito circa 9 miliardi di dollari. Bill Gates ha evidentemente l’ambizione di essere più bravo di francesi e giapponesi messi assieme. Si tratta, semmai ci riuscisse, di una tecnologia rischiosa – i continui incidenti agli scambiatori sodio-acqua furono una delle cause del fallimento del Supephenix – e proliferativa per i rischi militari associati al plutonio.

Ma in fondo anche il ministro per la Transizione ecologica, Roberto Cingolani, non ha detto che occorre tener viva l’attenzione sulla ricerca degli altri Paesi sul nucleare?
Se guardiamo agli investimenti nelle tecnologie nucleari dei Paesi OCSE questi hanno sempre fatto la parte del leone. E con risultati risibili: oggi il nucleare in Occidente è morto, basti guardare cosa è accaduto all’EPR francese, di cui secondo l’accordo Berlusconi-Sarkozy avremmo dovuto costruirne 4 in Italia. La Francia aveva aperto il cantiere del primo EPR nel suo territorio nel 2006: è ancora in costruzione e costerà più di 19 miliardi rispetto ai 3,3 previsti. Cingolani pensi a sbloccare le rinnovabili, se ci riesce, e parli meno di tecnologie su cui si investe invano da 20 anni come la generazione IV o peggio, come nel caso da fusione, da 60 anni.

Sarà sufficiente, a suo parere, l’obiezione al nucleare confermata dalla Germania per fermare la proposta del suo inserimento della tassonomia verde in Unione europea?
Credo che, al di là del numero di Paesi che voteranno a favore, l’obiezione tedesca abbia un peso politico importante, vedremo.

Ma può l’Europa da sola cambiare il clima se Cina, Russia e altri grandi Paesi continuano a costruire centrali nucleari?
L’industria nucleare è in stallo ormai da anni e, se escludiamo la Cina dalle statistiche, è in calo assoluto. È comunque in calo relativo: dal 17,8% del suo massimo peso storico a livello globale è già scesa al 10%. Le rinnovabili senza l’idroelettrico producono di più. Non dobbiamo però dimenticare un aspetto che viene negato dagli agit-prop nuclearisti nostrani, e cioè il legame nucleare civile – nucleare militare. E non lo dice solo Greenpeace, ma lo stesso Macron: “Sans nucléaire civil, pas de nucléaire militaire, sans nucléaire militaire, pas de nucléaire civil” (Le Monde, 21.12.2020). (Senza nucleare civile nessun nucleare militare, senza nucleare militare nessun nucleare civile).

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