Nubifragi, polemiche, omelie e partite
Livorno. Due i dispersi e sei i morti: questo il bilancio del nubifragio che ha colpito la città. Acqua e fango hanno travolto case e strutture facendo piombare la città nel caos. Il fango ha inghiottito una famiglia, mentre frane e fughe di gas un po’ ovunque hanno segnato la drammatica domenica in Toscana. Il mal tempo ha raggiunto anche la città di Roma: allagate strade e scantinati della capitale. Paura per le raffiche di vento che hanno abbattuto alberi e divelto pensiline dei bus e tettoie dei distributori di carburante.
Come sempre montano le polemiche. Le accuse sono sempre le stesse, sempre inutili perché ripetono da anni un ritornello che nessuno vuole ascoltare. Fiumi, torrenti, rigagnoli, cioè tutto quanto predisposto a portare acqua, sono saturi di detriti. I letti sono un immondezzaio, e una selva di rami. Come fa l’acqua a scorrere? Se chi è predisposto alla salvaguardia dell’ambiente invece di sprecare parole attuasse il più elementare degli interventi e cioè ripulire l’alveo dei corsi d’acqua, metà dei disastri potrebbero essere evitati. Ma è troppo semplice, costerebbe troppo poco. Bisogna redigere piani d’intervento. Progetti di spese faraoniche per non farne nulla.
Liguria. Poi ci sono le polemiche sull’allerta meteo, mai prese sul serio. A volte abbondano, a volte sbagliano. A volte si sprecano. E intanto la gente muore, le città vengono travolte da frane e i fiumi d’acqua percorrono le loro strade. L’allerta meteo di sabato partiva dalla Liguria, prima arancio, poi rosso dal pomeriggio. Sabato arriva la pioggia, sabato ci saranno mareggiate, sabato state tutti a casa e non uscite per carità. Perfino la partita di calcio è stata rinviata. Sampdoria-Roma, in programma alle 20.45 allo stadio di Marassi si giocherà più avanti. Ben venga la pioggia dicono a Genova, e intanto ci si attrezza, con un occhio all’ombrello, all’impermeabile, agli stivali e l’altro al cellulare che a forza di guardarlo ora il messaggio ci dice che l’allerta arancione, diventa allerta rossa dalle 16 alle 24, e ancora fino alle 8 di domenica mattina.
Genova. Questa benedetta Arpal che avvisa delle allerte, non l’ha ancora capito: la pioggia ci sta tutta. Tutti la invocano, persino i cinghiali che sono costretti a mangiare le erbacce secche che i giardinieri del comune non hanno tagliato nelle aiuole in centro città. Quando scatta l’allerta rossa, puntuale come un orologio svizzero un fulmine e uno scroscio d’acqua. Finalmente ce semu (ci siamo per i non liguri). Macché, dopo un quarto d’ora tutto come prima. Io sabato scorso mi ero attrezzato con tanto di ombrello antivento, che nei carruggi immancabilmente te lo rovescia. Raggiungo Corso Italia, la promenade classica, quella che nel sabato pomeriggio tracima di persone. Tutto vuoto: i lampioni accesi, poche auto in strada. Riprende a gocciolare, ma è una semplice nuvola incontinente. Uffa! Voglio la pioggia, stai a vedere adesso a S.Antonio inizia la messa, io ci vado e pioverà seriamente. Bisogna aspettare l’omelia per sentire qualche tuono, vedere qualche lampo e poi finalmente inizia seriamente.
Chiesa e bar. In chiesa mancano tutte le signore diversamente giovani, quelle che normalmente vengono a messa con il cane. Invece oggi siamo veramente quattro gatti. Fuori piove forte, e il fulmine fa saltare l’audio e così il don chiude la predica in quattro e quattr’otto. Esco, piove finalmente deciso, forte che fa piacere vedere. E io senza dispiacere mi rifugio nel bar vicino. Stanno trasmettendo l’anticipo della prima partita di seria A e gioca la “mia” squadra. Anche al bar pochissimi affezionati, non importa. Importa il due a zero. Poi salta il collegamento. Mentre avevo gioito per l’audio saltato in chiesa, ora qui invoco tutti i santi del paradiso. Ma forse sono impegnati in altri campionati e ci fanno attendere un po’. Ma il gol del tre a zero ce lo possiamo godere. Un sabato tutto sconclusionato dalle allerta meteo. Che però per essere credibili dovrebbero però essere più particolareggiate sennò si crea panico inutile. Davvero sabato pomeriggio Genova somigliava ad una città fantasma. Erano fuggiti i turisti, erano chiusi in casa i cittadini, parecchi esercizi commerciali nel pomeriggio non avevano alzato le serrande.