Novità oltreoceano, da Lana del Rey a Nick Cave
Anche questo Festival di Sanremo è passato. La maggior parte degli artisti in gara ha fatto uscire i propri album, forti della spinta promozionale del momento. Ne abbiamo parlato diffusamente, nell’ultimo mese siamo stati letteralmente bombardati da notizie riguardo il nostro mercato, oscurando quasi del tutto quello internazionale.
In America, tanto per fare un esempio, si sono svolte le premiazioni per i Grammy Awards durante le quali sono stati premiati, tra gli altri, Taylor Swift (album dell’anno), Fiona Apple (migliore interpretazione rock e miglior disco alternative), i The Strokes (album rock), Billie Eilish (registrazione dell’anno).
Di qualunque genere si parli, sono stati premiati dischi di ottima fattura, un segnale forte che, nonostante la brusca frenata subita dalla produzione musicale mondiale, fa ben sperare per il futuro.
E infatti, mentre da una parte della barricata c’è chi pazientemente aspetta un momento migliore per lanciare il proprio prodotto, dall’altra c’è chi ha spinto l’acceleratore nonostante tutto.
Si potrebbe cominciare da Chemtrails Over the Country Club, l’ultimo lavoro di Lana del Rey, un mix di atmosfere sospese e delicatezza narrativa usate per raccontarci delle storie: Dance til we die racconta dell’incontro di Lana del Rey con Joan Baez, una delle storiche figure del folk americano; Let Me Love You Like a Woman smuove gli animi più romantici, così come il trip hop di Dark But Just a Game. La cantautrice non si allontana dalla sua linea compositiva, gli arrangiamenti rifiniscono un lavoro che non ha bisogno di fronzoli per arrivare. È la forza di Lana del Rey, coerente con sé stessa e con il proprio percorso.
Un ritorno inaspettato è stato quello degli scozzesi Arab Strap, in principio riunitisi esclusivamente per dei concerti. Il loro As Days Get Dark è una rielaborazione del loro stile iniziale, reso più maturo e consapevole dalla separazione. Non è un caso che il disco si apra con la frase «I don’t give a fuck about the past or glory days gone by», un chiaro messaggio d’introduzione a 11 tracce elettroacustiche dominate dalla calda voce di Aidan Moffat.
Un grande regalo discografico in questi primi mesi del 2021 ci è stato fatto da Nick Cave. Il suo ultimo album si chiama Carnage, è scritto in collaborazione con Warren Ellis dei Bad Seeds e parla di noi, di adesso. Si scandisce il tempo, quello appena passato e quello che fu, con una serie di immagini evocative e parole non proprio velate: White Elephant, ad esempio, ci ricorda i fervori del Black Lives Matter, della violenza e della tensione creata dalla politica di Trump («the President has called in the Feds, I’ve been planning this for years, I’ll shot you in the fucking face, if you thing of coming around here»). Nella title track, Cave canta invece dello zio che «al ceppo del boia, trasformava polli in fontane».
Se avete apprezzato il recente Ghosteen, amerete anche questo disco.
In ambito prettamente rock, tanti grandi nomi sono tornati a presenziare le classifiche, nonostante non fossero tutti lavori fortunati. Ottimo ritorno per i Mogwai, ad esempio, così come i Notwist. Nessuna grande novità ma nemmeno nessuna delusione. Discorso diverso per Foo Fighters e Weezer; i primi sicuramente affaticati nelle idee ma comunque sempre apprezzabili, i secondi ormai privi di ogni slancio alternative.
Tutto sommato, l’inizio del 2021 fa ben sperare per il futuro e rende più dolce un presente fatto di teatri spenti e sale concerti vuote.