Di notte si vede chiaro. Ripartire dal “noi” della società

Cosa insegna una storia di accoglienza e integrazione nata nell’asilo notturno della Caritas di Vicenza negli anni ’90. Quando si aprono le porte che spezzano la solitudine si genera una grande ricchezza da condividere

Ho in mano un libro, si intitola “Di notte si vede chiaro”. Il sottotitolo è: “I senza dimora a Vicenza”. Me l’ha regalato Jimmj, un ragazzo albanese che ho conosciuto qualche anno fa, frequentava le mie lezioni di Pedagogia interculturale. Un ragazzo che poi si è laureato in “Educazione sociale”, specializzato in “Criminologia” e che – come è scritto nella parte introduttiva del volume – è stato davvero l’anima di questo testo (come è scritto nella sua introduzione): “E’ grazie a lui, alla sua capacità di radunare intorno al progetto tanti bravi scrittori, di coordinarli e motivarli, che oggi siamo arrivati in fondo a questo lungo progetto. Tutti insieme abbiamo realizzato un libro che altro non vuol essere se non un piccolo contenitore perché, per una volta, le lacrime non si perdano nella pioggia”.

Jimmi, arrivato come tanti in Italia alla fine degli anni ’90, aveva passato esperienze e disavventure simili a quelle di tanti ragazzi che, migranti come lui, erano approdati nel nostro. Paese. Solitudine, senza lavoro, senza dimora, senza legami affettivi. Soltanto una grande speranza, una grande energia esistenziale, che l’ha portato a bussare senza successo a molte porte e, infine, a varcare il cancello dell’asilo notturno della Caritas di Vicenza, potendo finalmente dormire su un letto. Vi è rimasto dapprima, per un periodo, come ospite, mettendosi però al servizio degli altri quasi per ricompensare un’accoglienza ricevuta. Poi come collaboratore instancabile, poi anche come educatore di professione (avendo nel frattempo intrapreso anche gli studi universitari e concluso il percorso di laurea).

Ora è coordinatore dei servizi educativi di alcune strutture di accoglienza e collabora al re-inserimento socio-educativo di persone recluse nelle carceri del Veneto.

La sua storia compare in questo libro, insieme ad altre 12, tutte di protagonisti diversi che, ciascuno a suo modo, ha vissuto fasi di oscurità, ha abitato la notte con tutte le difficoltà, le inquietudini, le paure che essa sollecita. Ma queste storie dicono anche, come il titolo del libro, che “Di notte si vede chiaro”, quando c’è qualcuno che accoglie, ti dà ascolto, comprende la tua povertà, i tuoi limiti, anche i tuoi errori e, nonostante tutto, ti dà speranza, ti rilancia nell’esperienza della socialità: un’appartenenza, un tetto, una casa a te che eri un “senza dimora”.

Sappiamo che oggi ci sono aree sempre più vaste di persone “periferiche”, “emarginate”. L’unica vera speranza, per molti, è – come per Jimmi – avere la possibilità di varcare la soglia dell’accoglienza e lì, ritrovare se stessi come “noi” e non come semplici individui sradicati e senza legami.

Solo così si può trovare la possibilità di raccontarsi – a se stessi e agli altri – e di perciò scrivere storie di vita come quelle, così preziose, che sono raccolte in questo libro.

È importante sapere che, come per la Caritas di Vicenza, ci sono tanti cancelli che si aprono e che, in realtà, riaprono per tante persone un’esistenza che sembrava senza sbocchi.

 

 

 

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