Note di spiritualità politica
Quarto appuntamento con il libro per Città Nuova, L'arte di unire di mons. Giuseppe Petrocchi. Quale dimensione spirituale per un politico?
Del mondo politico, spesso, balzano agli onori della cronaca i vari casi di arrivismo, clientelismo e corruzione. Questa realtà, che si consuma nell’ombra, non può oscurare la dimensione spirituale che dovrebbe alimentare la funzione sociale del politico e che mons. Giuseppe Petrocchi ha elencato in cinque punti, nel brano che vi proponiamo da L’arte di unire di Città Nuova editrice.
«"Le accuse di arrivismo, di idolatria del potere, di egoismo e di corruzione che non infrequentemente vengono rivolte agli uomini del governo, del parlamento, della classe dominante, del partito politico; come pure l’opinione non poco diffusa che la politica sia un luogo di necessario pericolo morale, non giustificano minimamente né lo scetticismo né l’assenteismo dei cristiani per la cosa pubblica»[1]Ciò richiede la definizione e la cura di una specifica spiritualità dell’uomo politico, i cui capisaldi sono:. I credenti, invece, sono invitati ad accogliere e seguire l’autorevole pronunziamento espresso dal Concilio Vaticano II: "La Chiesa stima degna di lode e di considerazione l’opera di coloro che per servire gli uomini si dedicano al bene della cosa pubblica e assumono il peso delle relative responsabilità»[2].
Ciò richiede la definizione e la cura di una specifica spiritualità dell’uomo politico, i cui capisaldi sono:
– il perseguimento fermo e perseverante del bene comune, da anteporre ad ogni interesse particolaristico;
– la generosa dedizione per favorire la crescita della partecipazione democratica, affinché, sempre di più, «tutti siamo veramente responsabili di tutti»[3];
– lo spirito di servizio, che, congiunto alla necessaria preparazione ed efficienza, consente di rendere “trasparente” e “pulita” l’attività degli uomini politici. «Ciò sollecita la lotta aperta e il deciso superamento di alcune tentazioni, quali il ricorso alla slealtà e alla menzogna, lo sperpero del pubblico denaro per il tornaconto di pochi e con intenti clientelari, l’uso di mezzi equivoci o illeciti per conquistare, mantenere e aumentare ad ogni costo il potere»[4];
– la difesa e la promozione della giustizia, costruita sul fattivo rispetto dei diritti come anche nel riconoscimento dei doveri di cui ogni cittadino è depositario;
– lo sviluppo della cultura e della prassi della solidarietà, basata sulla tutela effettiva della dignità di ogni uomo e di tutto l’uomo».
[1] ChL, n. 42.
[2] GS, n. 75.
[3] Giovanni Paolo II, Enciclica Sollicitudo rei socialis (30 dicembre 1987), n. 38.
[4] ChL, n. 42.