“Normale” è bello
Più hanno fame di amore meno hanno fame di cibo. È una delle frasi che meglio sembrano fotografare la condizione di migliaia di persone, donne e giovani soprattutto, affette da una malattia che è fisica e psicologica insieme, del corpo come dell’anima. Non servono certo i mega cartelloni choc di Oliviero Toscani (conosciamo ormai il suo stile) che ritraggono quel che rimane della modella francese Isabelle Caro, 27 anni, 1 metro e 65 per 31 chili, per produrre una stretta al cuore. L’anoressia va in tandem con la bulimia: l’una induce al rifiuto del cibo; l’altra porta a vere e proprie abbuffate dopo le quali, però, si provvede in tutti i modi ad eliminare il cibo introdotto. In comune hanno la ricerca ossessiva della magrezza e il fatto di essere catalogate come disturbi del comportamento alimentare. Al pari dell’obesità, d’altronde, che, pur provocando l’effetto fisico opposto, avrebbe cause analoghe. Oggi in Italia si registrano 8500 nuovi casi l’anno di anoressia di cui in media tra l’8 e il 10 per cento sono ragazze adolescenti. I sintomi, infatti, compaiono principalmente tra i 12 e i 18 anni, ma aumenta, purtroppo, il numero dei casi in cui la malattia appare anche prima, tra gli 8 e i 10 anni. Una malattia antica, l’anoressia, la cui prima descrizione clinica risale al 1689, quando il medico bri- tannico Richard Morton pubblica il resoconto di due pazienti che rifiutavano di alimentarsi e non per cause di natura organica. Nata come sindrome estremamente rara , è divenuta oggi, in particolare negli ultimi trent’anni, una malattia diffusa.Molte le ragioni che sono state evidenziate all’origine dei comportamenti anoressici e bulimici che coinvolgono non di rado ragazze normali, capaci, brave a scuola, ma che all’improvviso non si piacciono, vuoi perché non riescono a raggiungere i risultati sperati per problemi di peso o di apparenza, oppure perché sottoposte ad aspettative eccessive, o anche perché trascurate. Spesso, come ha evidenziato una recente indagine realizzata dal Cidap (Centro italiano disturbi alimentari psicogeni), il difficile rapporto con il cibo è dovuto ad eventi traumatici subiti sin da bambini, a cominciare dal rapporto con la madre. In questa direzione influiscono anche violenze sessuali e drammi familiari di vario genere. Notevole è, poi, l’aspetto culturale. L’anoressia, infatti, è una malattia tutta occidentale, assente nei cosiddetti Paesi in via di sviluppo, dove pure si muore di fame. Una malattia diffusa, quindi, ed anche nascosta: agli altri e talvolta alle stesse persone che ne portano sul proprio corpo i segni ma che quasi non se ne rendono conto o non vogliono ammetterlo. Il paradosso – come spiega Elisabetta Spinelli, psichiatra e psicoanalista che dirige il Centro di diagnosi e terapia dei disturbi alimentari alla Asl Roma D – è che si parte da un ideale, il culto della bellezza, per poi sconfinare in queste immagini di orrore. È la verità mortifera del superculto dell’immagine, del moderno narcisismo. Mentre, però, un tempo il sintomo psichico comportava sempre una sofferenza e quindi era scontato chiedere aiuto, la società moderna è piena di sintomi con un carattere autoreferenziale, quali la tossicomania, l’anoressia, la bulimia. Sintomi che hanno in sé una autosoddisfazione e quindi portano a fare a meno dell’altro, a rifiutarlo. Anzi, per assurdo, queste ragazze evitano l’angoscia provocandola negli altri. Spesso a 16-18 anni hanno già alle spalle una storia lunghissima: chiedono aiuto più che per uscire dal problema, perché vogliono recuperare l’illusione di padronanza del corpo. Che però nel frattempo subisce seri danni: dall’apparato digerente, a cuore, fegato e reni, al sistema nervoso e osseo. Per non parlare delle ripercussioni psicologiche che vanno dalla depressione alla vergogna, da sbalzi di umore a incapacità di mantenere relazioni sociali e familiari… Fino alla morte, talora per suicidio, come per complicazioni di vario genere. Guarire dall’anoressia si può, anche se è molto difficile e spesso richiede il coinvolgimento di persone vicine, tant’è che si è molto sviluppata la terapia familiare. Raramente si fa ricorso al ricovero, privilegiando semmai il supporto di una comunità terapeutica. E dal momento che, come dicono gli esperti, i disordini alimentari non sono una malattia dell’appetito ma dell’amore e della comunicazione, si dà molto spazio al dialogo e all’ascolto. Non sono ancora capillari sul territorio centri di cura specializzati, presenti in alcune regioni, assenti in altri, ma esistono delle associazioni a cui ci si può rivolgere (vedi box). E, soprattutto, non bisogna arrendersi di fronte alla scoperta che una figlia, un’amica, una vicina, una parente è entrata in un tunnel dal quale sembra non esserci via d’uscita. Ma, prima ancora di trovarci di fronte all’anoressia, occhio ai nostri ragazzi! Preoccupa infatti una tendenza sempre più diffusa della ricerca del peso perfetto. L’allarme viene dalla Società italiana di pediatria che nel suo decimo rapporto annuale su Abitudini e stili di vita degli adolescenti evidenzia come il 60,4 per cento delle bambine arrivate alle medie vorrebbe essere più magra, una su quattro ha già sperimentato una dieta e di queste circa un terzo si è rivolta a un medico per farsela prescrivere. Secondo Giuseppe Maggese, ex presidente della Società di pediatria anoressia e bulimia rappresentano un continuum dell’obesità. Il problema è che in due ore al giorno di televisione passano davanti agli occhi dei ragazzi numerosi spot di prodotti alimentari. Se aggiungiamo che il 70 per cento dichiara di mangiucchiare davanti alla tv e che i programmi presentano sempre più un modello di bellezza ispirato all’essere magri, non è difficile vedere in questo una causa dei disturbi della condotta alimentare, sia come obesità, sia come anoressia. I modelli in tv, anzi le modelle. Ecco un altro imputato. Ogni tanto irrompe sui nostri schermi la tragica notizia della morte di qualche top model che non ha retto alle rigide regole spesso imposte da stilisti e agenzie di moda per trovare spazio in passerella. Dal Brasile e dall’Europa dell’est – racconta Eva Riccobono, protagonista italiana delle sfilate internazionali – arrivano bambine tutte pelle e ossa. Tante lavorano per uno o due stagioni, poi escono dal giro perché il corpo di una ragazza di 15 anni non è quello di una donna, cresce, si sviluppa. E così non piacciono più a chi le aveva scelte per la loro trasparenza. E poi ci sono le bambine che aspirano a fare le veline e le indossatrici, anche se la natura non ha loro regalato quel fisico. La magrezza non è brutta se è sana. Ma se tante digiunano per lavorare occorre intervenire. La moda dovrebbe impegnarsi per promuovere una bellezza vera. Che può andare oltre la taglia 38. Si tratta cioè di combattere la dittatura culturale della magrezza. Interessante in tal senso è stato alcuni mesi fa il conferimento da parte del presidente Napolitano dell’onoreficenza di cavaliere della Repubblica alla stilista Elena Miroglio (in arte Mirò) per aver valorizzato e diffuso le taglie comode ed aver contribuito così al tentativo di emancipare le donne da un modello costrittivo. La linea Mirò parte infatti dalla taglia 44. In fondo, anche normale può esser bello. Sicuramente più che mostrare una finta perfezione. Nessuno certo può banalizzare un comportamento anoressico come derivante dalla sola emulazione, o ridurlo solo a una questione di taglie, però neanche si può ignorare l’effetto trascinante di certi modelli di femminilità che si spacciano per vincenti. Così anche il mondo della moda ha voluto dare un segnale adottando il Manifesto nazionale di autoregolazione contro l’anoressia. Rivalutare un modello di bellezza sano, solare, generoso, mediterraneo; tutelare la salute delle modelle, non facendole sfilare se malate; riservare le passerelle solo alle maggiori di 16 anni; fare campagne di comunicazione congiunte tra mondo della moda, istituzioni e associazioni mediche; inserire in modo generalizzato nelle collezioni le taglie 46 e 48; recepire nei regolamenti interni i principi del Manifesto. Questo l’impegno preso dal ministero per le Politiche giovanili, la Camera nazionale della moda e Alta Roma. Basterà per ricordarci che la persona vale per quello che è e non per quello che appare? Ci vuole un’inversione culturale a U e non solo sul tracciato delle passerelle. QUALCHE SITO UTILE www.ministerosalute.it/servizio/documenti/ centri_per_la_cura_dei_disturbi_ alimentari.pdf www.anoressiaebulimia.info www.bulimianoressia.it www.anoressiabulimia.org