I nonni sono angeli speciali
Ho conosciuto solo il nonno paterno, che abitava in Sicilia, e la nonna materna, che abitava in Calabria. Durante l’anno venivano loro da noi, ma d’estate andavamo 20 giorni da uno e 20 dall’altra.
Mio nonno Gaetano era padre di sette figli, quattro maschi e tre femmine; e li aveva fatti studiare tutti in un periodo in cui le donne, se erano fortunate, frequentavano al massimo la scuola elementare. Abitava in una casa indipendente con un balcone bellissimo, che si affacciava sulla piazza principale di Avola, in provincia di Siracusa. Pur avendo molti cugini, io passavo tanto tempo con il nonno. Lo seguivo dappertutto e così divenni la sua prediletta.
Mio nonno profumava di legno e aveva trucioli dappertutto perché era falegname e così aveva mantenuto la sua numerosa famiglia. Sapeva lavorare il legno alla perfezione: dalle sue mani esperte venivano fuori oggetti piccoli come giocattoli, cassette, sottopentole oppure grandi come i mobili. Infatti quasi tutti avevano i mobili creati da lui: cassapanche, letti, sedie, tavoli, armadi, credenze, pensili con intarsi di vari tipi. I fidanzati in prossimità delle nozze andavano ad ordinare ciò che a loro serviva, e nascevano rapporti solidi e gioiosi.
Io lo guardavo affascinata quando era nel suo mondo. Nella enorme stanza da lavoro a pianterreno c’era un tavolo lungo e largo pieno di attrezzi di ogni tipo. Chissà se Gesù Bambino era contento come me quando stava con San Giuseppe, anche lui falegname come il mio nonno! Che meraviglia vedere nascere da un pezzo di legno qualcosa di utile e di prezioso perché fatto a mano…
Mio nonno amava leggere: mi parlava della Divina Commedia, dell’Orlando Furioso, della Bibbia. Mi portava a Siracusa, al teatro all’aperto, a seguire le tragedie greche, a vedere l’opera dei Pupi. Sentivamo insieme i dischi di musica classica.
Mi ha insegnato il nome di ogni stella, ogni tipo di fischio e il dialetto siciliano. «Ricordati quanti Siciliani sono grandi letterati! – mi ripeteva spesso -. La lingua italiana è nata in Sicilia, non a Firenze…».
Quando mi presentava a tutti era fiero di me, ma io lo ero molto di più ad avere un nonno così straordinario: nella sua semplicità, non se ne accorgeva! Che pianti quando ci dovevamo lasciare… Ogni volta tirava fuori da sotto al grembiule da lavoro un oggetto fatto per me. Gli chiedevo in che mese sarebbe venuto da noi e lui, per consolarmi, mi diceva sempre: «In settembre arrivo dalla mia nipotina».
Ricordo i suoi detti: “Chi non fa niente, non sbaglia niente”, “Tutti siamo tanti fiumi di una sola acqua”, “Rispetta il vecchio dovunque lo trovi”, “Prima di parlare, mastica le parole”…
Aveva poi una solida fede nella Provvidenza senza la quale, mi diceva, niente si può fare!
Mia nonna Maria era giovane e bella. Si era sposata a 16 anni e aveva avuto 7 figli, da lì ai quarant’anni. Abitava in una villa immersa nella campagna, a Rende, in provincia di Cosenza. C’erano tante stanze per poter ospitare i suoi figli e le loro famiglie, che abitavano tutti lontano tranne alcuni, rimasti in Calabria.
Mia nonna profumava di pulito, di fiori, di erba. Che gioia poterla seguire dappertutto: ero la sua ombra! Al mattino presto mi portava in giardino e mi diceva i nomi di ogni fiore o erba, le tenevo il cestino dove metteva i fiori, che sceglievo io, da tenere in casa. E poi raccoglieva nell’orto ciò che serviva per cucinare: la menta, il basilico, il finocchietto…Un giorno nel cestino c’erano due api e io le stavo uccidendo: diventò tutta rossa e gridò di non farlo. Fu in quel momento che compresi l’utilità di ogni insetto anche dei pipistrelli… Poi passavamo in cucina e lì imparai le salse, le ricette, i segreti di ogni piatto, le conserve, le marmellate. Al pomeriggio m’insegnava a preparare vestitini per le mie bambole. Iniziai con l’uncinetto e con i ferri: ora mi spiegavo perché la mia mamma era bravissima in tutto!
Poi arrivavano i cuginetti: le voci festanti, le corse, i giochi interminabili, qualche caduta, scherzi e tante risate. Per lungo tempo ho pensato che il Paradiso fosse così e forse e così: un luogo di gioia, di condivisione e di profondo affetto. Poi ci chiamava per la merenda, tanto abbondante da diventare spesso una cena: patatine, dolcini, spremute, frullati, e per finire il gelato fatto da lei.
In dicembre entrambi i nonni venivano da noi: ed era per me una gioia infinita perché il 2 era il mio compleanno, e avere loro era per me il dono più grande. Poi tornavano a Pasqua, o facevamo noi un salto da loro.
Quando sono mancati ho sofferto moltissimo; ma poi ho capito che avevo avuto accanto a me degli Angeli speciali, e come tali li sento accanto a me, sommersa da tanti regali e da infiniti ricordi che conservo gelosamente. Dentro porterò sempre con me il loro amore e loro il mio. Grazie, Nonni!