Non una parola di più
Lo straordinario nell’ordinario di nonna Maria, 101 anni vissuti bene.
Sono ad Arquà Petrarca, nel padovano, per incontrare la solita straordinaria normalità di cui è costellata la vita: questa volta ha il viso delicato, vissuto ma non troppo, di Maria Rimondo. «Ormai sono tanti i centenari – mi dice lei, che di anni ne ha 101 –, non è più una novità, l’ho letto nei giornali». La sua frequentazione dei mass media è inquietante anzichenò. Maria, che dal lontano 1910 ne ha visti succedersi di personaggi ed eventi che hanno fatto un secolo d’Italia, mantiene una curiosità vivace, a garanzia della buona salute mentale, oltre che fisica. Vita regolata, alimentazione moderata e sana, passeggiate tranquille, attività casalinga quanto basta e un po’ di giardinaggio.
Sfodera davanti a me, quasi divertita, gli ultimi articoli del Messaggero («dà sempre buoni consigli»), di Città Nuova («oh, i suoi commenti sul governo e le esperienze di vita!»), di Madre e di Famiglia Cristiana («così varia!»), nonché il Corriere… e mi consegna le dritte sugli articoli più interessanti e «da non perdere».
Lo fa anche con il genero, la figlia e i nipoti, per i quali, interpretando necessità e interessi, sceglie i “pezzi” più significativi. Una rassegna stampa familiare insomma, un filtro invidiabile! Con disinvoltura Skype è entrato nella sua routine, per permetterle di tenersi in contatto con gli amati nipoti, temporaneamente trasferiti in Inghilterra.
Animata da un misto di tenerezza e di rispetto, le chiedo cosa ricorda di questi cent’anni e cerco di capire che impronta ha lasciato nella famiglia. Ricordi nitidi si rincorrono fra un’infanzia d’altri tempi – primogenita di tredici figli – e l’adolescenza, fatte di scuola, cucito e ricamo, orto e giardinaggio, lavoro e responsabilità verso le persone da accudire nella cerchia parentale; abilità acquisite con tenacia fino al matrimonio con Marcello nel 1938 e alla maternità di Pietro, Giuseppe ed Elena. Normalità? Non una recriminazione, nessun lamento per tempi attraversati dalle guerre, e quali guerre! I racconti di nonna Maria s’intrecciano con i ricordi di quegli eventi senza scalfire la speranza negli uomini e in Dio. Saper stare al proprio posto di madre e di moglie, condividere la famiglia della figlia anche dopo la morte del marito, ma con discrezione.
«Mai è intervenuta impropriamente nella gestione educativa e affettiva della mia famiglia, spesso si è affiancata nei momenti di stanchezza con discrezione, senza invadenza, ma comprendendo le necessità anche spirituali», osserva il genero Cesare Bottaro.
«Ha vissuto con sensibilità e saggezza il suo ruolo di suocera e nonna. Per questo le sono grato, credo sia la testimonianza più vera e leale per una famiglia! Ora è il nostro orgoglio, ci comunica serenità. A lei, che ha dato tanti anni della sua vita per noi, ora volentieri dedichiamo alcuni dei nostri anni, con gratitudine».
Io direi anche che accanto a fede e tenacia la famiglia si è avvalsa di una buona dose di senso dell’umorismo, perché esso serpeggia fra i presenti, i nipoti, il genero, la figlia e i consuoceri milanesi Vittoria e Tarcisio.
Quando due dei nipoti si sono trasferiti in Inghilterra per studiare e lavorare, nonna Maria non ha mosso obiezione. «Ora la partenza per un altro Paese è un’occasione per allargare gli orizzonti. Non era la stessa cosa un’ottantina di anni fa….». I genitori dei due, ammette Elena, non sono stati così realistici e obiettivi nel considerare i fatti.
Ma un segreto deve averlo custodito in questi anni! Alla mia richiesta mi osserva un po’ stupita: «Forse si aspettava che alla mia età fossi più riflessiva. Ebbene sì, conclude, un segreto forse c’è: non dire mai parole in più». Una vera rivoluzione nel mondo parolaio che abitiamo! Io le farei tenere una lectio magistralis presso scuole e “stanze dei bottoni”.
E rivedo, come su uno schermo, le giornate uguali e dense che nonna Maria ha guidato in questi suoi 101 anni, ricoprendo il ruolo della donna accogliente, attenta ed equilibrata, oculata amministratrice delle esistenze parallele di figli e nipoti, capace di vedere e intuire i moti dello spirito e del cuore, senza invadere o giudicare. Una saggezza conservata nell’umiltà e nella speranza, che vorremmo riscoprire oggi, anche se in chiave moderna.
Ed ecco, mi sorprendo a pensarla come lo “svegliatore” citato da Papini, che «faccia sentire lo straordinario nelle cose ordinarie».
È con questo spirito che mi congeda, accompagnandomi nell’assolato cortile, fra le colline che hanno pur suggerito versi sublimi di poesia.
Scriveva di questo luogo il Petrarca: «Fuggo la città come ergastolo e scelgo di abitare in un solitario piccolo villaggio, in una graziosa casetta, circondata da un uliveto e da una vigna, dove trascorro i giorni pienamente tranquillo, lontano dai tumulti, dai rumori, dalle faccende, leggendo continuamente e scrivendo».
Scriveva di questo luogo il Petrarca: «Fuggo la città come ergastolo e scelgo di abitare in un solitario piccolo villaggio, in una graziosa casetta, circondata da un uliveto e da una vigna, dove trascorro i giorni pienamente tranquillo, lontano dai tumulti, dai rumori, dalle faccende, leggendo continuamente e scrivendo».
Nonna Maria pare abbia fatto suo questo spirito, forse anche una filosofia di vita, ma lavorando alacremente per le sue famiglie e macinando sobriamente gli anni con fiducia e speranza.