“Non tutti possono capirlo”
Premetto che il passo riguardante l’eunuchia, il celibato cioè, in Matteo, è stato sempre studiato nel corso della storia della Chiesa. Vi è una interpretazione ormai classica, patristica e moderna, ma è interessante esaminare il testo anche in conseguenza dei tanti studi che la critica moderna ha provocato (1). Ripudiare la moglie? Rileggiamo il passo di Mt 19, dal v. 3 fino al 12, e quello corrispondente di Mc 10, dal v. 2 fino al 12. Ecco cosa dice Matteo: (3) Allora gli si avvicinarono alcuni farisei per metterlo alla prova e gli chiesero: E lecito ad un uomo ripudiare la propria moglie per qualsiasi motivo?. (4) Ed egli rispose: Non avete letto che il Creatore da principio li creò maschio e femmina e disse: (5) Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una carne sola? (6) Cosi che non sono più due, ma una carne sola. Quello dunque che Dio ha congiunto, l’uomo non lo separi. (7) Gli obiettarono: Perché allora Mosè ha ordinato di darle l’atto di ripudio e di mandarla via’?. (8) Rispose loro Gesù: Per la durezza del vostro cuore Mosè vi ha permesso di ripudiare le vostre mogli, ma da principio non fu cosi. (9) Perciò io vi dico: Chiunque ripudia la propria moglie, se non in caso di concubinato, e ne sposa un’altra, commette adulterio . (10) Gli dissero i discepoli: se questa è la condizione dell’uomo rispetto alla donna, non conviene sposarsi. (11) Egli rispose loro: Non tutti possono capirlo, ma solo coloro ai quali è stato concesso. (12) Vi sono infatti eunuchi che sono nati cosi dal ventre della madre; ve ne sono alcuni che sono stati resi eunuchi dagli uomini, e vi sono altri che si sono fatti eunuchi per il regno dei cieli. Chi può capire, capisca. Ed ecco cosa dice Marco: (2) E avvicinatisi dei farisei, per metterlo alla prova, gli domandarono: E lecito ad un marito ripudiare la propria moglie?. (3) Ma gli rispose loro: Che cosa vi ha ordinato Mosè?. (4) Dissero: Mosè ha permesso di scrivere un atto di ripudio e di rimandarla. (5) Gesù disse loro: Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma. (6) Ma all’inizio della creazione Dio li creò maschio e femmina; (7) per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e i due saranno una carne sola. (8) Sicché non sono più due, ma una sola carne. (9) L’uomo dunque non separi ciò che Dio ha congiunto. (10) Rientrati a casa, i discepoli lo interrogarono di nuovo su questo argomento. Ed egli disse: (11) Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio contro di lei; (12) se la donna ripudia il marito e ne sposa un altro, commette adulterio. Non rientra nel mio scopo fare una comparazione completa fra i due brani. Noterò soltanto che vi è un contesto generale identico tra Matteo, Marco e anche Luca; solo che Luca tralascia l’insegnamento sul matrimonio; ma i tre evangelisti subito dopo parlano dei bambini, del giovane ricco, della ricompensa a quelli che abbandonano tutto. È naturale che gli esegeti pensino a fonti comuni per l’intero contesto. Riguardo poi ad un confronto più particolare tra il testo del matrimonio in Matteo e quello di Marco, mi sembra interessante quanto scrive Schmid nel suo Commento a L’Evangelo secondo Matteo: Da un lato i due testi coincidono nelle parole colla stessa esattezza di tutti gli altri in cui Matteo dipende da Marco, e allora il testo di Matteo si rivela in molte particolarità linguistiche come correzione del testo di Marco. D’altro lato, non si può negare che il testo di Matteo appaia come più esatto, dal punto di vista del contenuto, e quindi più originario(2). Se vogliamo fare un’analisi più accurata vedremo, per esempio, che al v. 3 di Matteo la domanda dei farisei suona: È lecito ad un uomo ripudiare la propria moglie per qualsiasi motivo?, mentre Marco dice soltanto, al v. 2: È lecito ad un marito ripudiare la propria moglie?. Le parole per qualsiasi motivo, che troviamo in più in Matteo, non sono un’aggiunta di poco conto ma si riferivano alla interpretazione larga suggerita dal rabbino Hillel, nota solo ai lettori cristiani ex-giudei di Matteo. Per Hillel, infatti, qualsiasi motivazione era buona per rimandare la propria moglie, anche un cattivo pasto, ed era questa l’interpretazione corrente ai tempi di Gesù. Marco non riporta queste tre parole perché i suoi destinatari non erano prevalentemente di origine giudaica e non avrebbero compreso tale sottigliezza. V’è un’altra differenza, di notevole importanza. Matteo aggiunge una eccezione, all’affermazione della indissolubilità del matrimonio, e scrive al v. 9: Chiunque ripudia la propria moglie, se non in caso di concubinato, e ne sposa un’altra, commette adulterio. Marco ignora l’eccezione del concubinato. Questo inciso che, come vedremo, sarà poi importante per determinare il senso della frase sugli eunuchi, ha dato origine a varie interpretazioni e ad una premessa. Si dice infatti che Marco, Luca, e Paolo nella Prima lettera ai Corinti, ignorano la clausola, ed è poco verosimile che abbiano soppresso delle parole di Gesù. La Bibbia di Gerusalemme, commentando il passo, afferma: È più probabile, invece, che uno degli ultimi redattori del primo vangelo l’abbia aggiunta per rispondere ad una certa problematica rabbinica… che poteva preoccupare l’ambiente giudeocristiano per il quale egli scriveva. Si avrebbe dunque qui una decisione ecclesiastica di portata locale e temporanea. Il Vangelo cioè, in questo caso, rifletterebbe alcune esigenze di una comunità locale. Per noi, però, poiché l’inciso fa parte del Vangelo, è doveroso capirne il significato. Alcuni vorrebbero tradurre non se non in caso di concubinato, ma anche in caso di concubinato; altri vorrebbero vedervi il caso di incesto legale, un matrimonio cioè tra parenti proibito dalla Legge: secondo questi il passo dovrebbe essere cosi tradotto: Chiunque ripudia la propria moglie, eccetto il caso di incesto legale, e ne sposa un’altra, commette adulterio. Per altri ancora, la clausola non darebbe il consenso ad un vero scioglimento del matrimonio, ma sarebbe solo un permesso per una separazione senza seconde nozze. La separazione era un’istituzione sconosciuta nel giudaismo e, secondo gli interpreti cui mi riferisco, verrebbe istituita qui da Gesù. È nota, infine, la posizione delle Chiese protestanti, per le quali il caso di concubinato significa l’adulterio della moglie e darebbe diritto sia al divorzio sia alle seconde nozze. Il brano sull’eunichia Questo, un primo breve esame parallelo dei passi sul matrimonio in Matteo e Marco. Vi è in più tutto il brano sull’eunuchia, del solo Matteo, e che esige un suo proprio accurato esame. Riportiamo perciò l’intero passo: (10) Gli dissero i discepoli: Se questa è la condizione dell’uomo rispetto alla donna, non conviene sposarsi. (11) Egli rispose loro: Non tutti possono capirlo, ma solo coloro ai quali è stato concesso. (12) Vi sono infatti eunuchi che sono nati cosi dal ventre della madre; ve ne sono alcuni che sono stati resi eunuchi dagli uomini, e vi sono altri che si sono fatti eunuchi per il regno dei cicli. Chi può capire, capisca. Possiamo fare una prima breve constatazione riguardo al v. 10. I discepoli osservano: Se questa è la condizione dell’uomo rispetto alla donna, non conviene sposarsi; io penso che questa frase vada unita con quanto detto precedentemente, sulle rigide regole del matrimonio enunciate da Gesù, e si può considerare come un’introduzione ai versetti sulla eunuchia. C’è poi il v. 11, che è formato da due parti: la prima, non tutti possono capirlo, in greco: non tutti possono far spazio a questa parola ; l’altra parte, ma solo coloro ai quali è stato concesso, afferma chiaramente un nuovo concetto, l’intervento di Dio. Ricordiamo che i giudei non nominavano mai il nome di Dio, ma usavano quello che viene chiamato il passivo divino , una frase cioè che facesse supporre l’intervento di Dio senza nominarlo. Anche il v. 12 si può dividere in due parti. La prima, dove sono enumerati i tre tipi di eunuchi, rivela chiaramente l’origine giudaica dell’autore della frase; essa è infatti un proverbio numerico, molto in uso nelle scuole rabbiniche, ma sconosciuto nel circostante mondo ellenistico e latino. La seconda parte del v. 12, chi può capire, capisca , apre un nuovo concetto, ed è posta come conclusione di tutto, quasi un appello e una preghiera. Faremo un’analisi più accurata del significato di questi versetti durante il resto dell’esposizione. A) Domanda provocatoria La prima domanda che ci si pone è la fonte di Matteo, da dove, cioè, Matteo ha ricevuto questo detto. Abbiamo visto infatti che egli ha in comune con Marco tutto un contesto (se si eccettua l’inciso sul divorzio): e cioè l’insegnamento sul matrimonio, sui bambini, sul giovane ricco, sulla ricompensa promessa a quelli che abbandonano tutto. Ci si può domandare, nell’ipotesi di una fonte comune ai due, se è Marco che omette le parole sugli eunuchi, che sarebbero state forti per orecchie non giudee (sappiamo infatti che il vangelo di Marco era diretto prevalentemente a persone non giudee); o se è Matteo che inserisce qui, dopo le frasi sul matrimonio, un testo che potremo chiamare vagante, e che egli riceve da una tradizione particolare, ignota alla fonte comune agli evangelisti. Per delle ragioni che spiegheremo in seguito, la gran parte degli esegeti preferisce questa seconda ipotesi. Anche se si tratta sempre, conviene ricordarlo, della formulazione di ipotesi, esse hanno delle sottili giustificazioni: pur non dandoci, ancora, una certezza assoluta, la verosimiglianza, in una materia così importante come lo studio del Nuovo Testamento, è già di grande aiuto, di grande luce, di grande conforto. B) L’origine del detto Il Vangelo di Matteo fa dire a Gesù le parole che abbiamo sopra citate. Ma sono parole veramente pronunziate da lui? Gli esegeti, e fra questi Bultmann e Jeremias (3), sostengono di sì per questi motivi: a) il carattere violento della immagine è proprio del linguaggio di Gesù: egli che aveva affermato che bisogna essere pronti a tagliarsi una mano per non fare il male, poteva usare l’esempio della castrazione per parlare dei nuovi eunuchi per il Regno; b) la struttura semitica della dichiarazione: abbiamo visto infatti che è un proverbio numerico; c) soprattutto, la novità dell’insegnamento che viene proposto in ambiente giudeo, dove il celibato era così ignorato che persino mancava la parola nel vocabolario ebraico.