Non tutti i mali vengono per nuocere
Paolo Bossini, nuotatore azzurro, e la sua malattia. Più forte di prima.
La vita, si sa, da un momento all’altro può riservarci sorprese inaspettate. Tutto può cambiare in un attimo, quello che si è costruito con tanti sacrifici può andare in fumo per un semplice imprevisto, le nostre certezze possono essere messe in discussione da qualcosa che ci appare più grande di noi. Nonostante ciò, si può andare avanti, come ci insegna la storia di Paolo Bossini.
Una carriera ricca di soddisfazioni (per lui anche un titolo europeo, un quarto posto mondiale e due finali olimpiche nei 200 rana), durante la quale il nostro atleta ha però dovuto confrontarsi con ostacoli che è sempre riuscito a trasformare in “occasioni”, «perché anche dalle cose negative si può prendere qualcosa di positivo, e magari poi sono proprio quelle piccole cose che ti rimangono e ti fanno crescere, come è successo a me».
Eh già, in questi anni Bossini ha dovuto fare più volte “buon viso a cattivo gioco”. Nel 2005, indicato tra i principali favoriti di quello che sarebbe dovuto essere il suo primo Mondiale, ha dovuto fermarsi proprio a poche settimane dal via della rassegna iridata a causa di un’appendicite. Nel 2008, nel corso delle Olimpiadi di Pechino, dopo aver stabilito nei turni preliminari il nuovo primato europeo, è “affondato” in finale a causa di un costume sbagliato. Poi, dopo i Giochi, Paolo si è dovuto confrontare con una situazione ancora più difficile da affrontare: «Le mie prestazioni sono gradualmente peggiorate.
Avvertivo che il mio corpo aveva qualcosa che non andava, ma dagli accertamenti medici non veniva mai fuori niente».
Così, come spesso accade agli sportivi, osannati quando tutto va bene e abbandonati appena le cose cominciano ad andar male, Bossini viene fatto oggetto di critiche: «Mi dicevano: non ti alleni più come prima, non hai più voglia di nuotare. Nessuno credeva che stavo male, eppure avevo febbri continue, dissenteria, vomito, sudorazione notturna, tutti sintomi che poi il medico mi ha confermato essere piccoli avvertimenti di quello che avrei avuto in seguito».
Nell’inverno scorso, improvvisamente, ecco che tutto trova una spiegazione. «Ero in auto quando ho sentito un dolore al collo, e dopo una settimana di visite mi è stato diagnosticato un tumore al sistema linfatico. È stato un duro colpo, ma al tempo stesso è stata anche una liberazione perché comunque, finalmente, potevo dimostrare alle persone alle quali avevo chiesto aiuto che effettivamente avevo qualcosa».
Paolo si è così messo sui blocchi di partenza per tentare di avere la meglio nella gara più importante della sua vita. Dodici cicli di chemioterapia, affrontati con uno spirito da vero atleta. «Quando ti comunicano una malattia del genere la prima cosa che ti viene da fare è quella di buttarti giù. Invece, forse proprio grazie all’attitudine alla competizione che mi ha dato lo sport, sono riuscito a interpretare questa situazione come se fosse una gara da vincere. E alla fine sembra che sia andata bene, anche se la completa guarigione clinica mi potrà essere data solo tra qualche anno».
Fondamentale, in questa particolare “competizione”, è stato l’aiuto della moglie Laura, «che mi ha dato una grande carica non trattandomi mai da persona malata», e della figlia Angelica, «che con un sorriso mi faceva scalare una montagna in un colpo solo».
«Non auguro a nessuno di passare quello che ho passato io – ci confida Paolo –, ma posso dire che non è stata del tutto una brutta esperienza: adesso apprezzo molto di più la vita, inizio a rivalutare tante piccole cose che prima mi passavano davanti agli occhi senza quasi che me ne accorgessi».
Ora, a piccoli passi, Bossini dopo quasi 10 mesi ha ripreso ad allenarsi con un obiettivo piuttosto ambizioso: provare a qualificarsi per Londra 2012, quelle che sarebbero le sue terze Olimpiadi. «Una delle cose che mi ha insegnato la malattia è che nulla è davvero impossibile». In bocca al lupo, Paolo.