Non sprecare l’attimo di vita!
Anche quel giorno i piccoli di casa, Giulia e Daniele, avevano dato alle stanze la consueta impronta del gioco libero e appassionato. La casa era in disordine, come d’altra parte ben si addiceva ad una famigliola viva, ma Emanuela, la mamma, si guardò attorno perplessa: possibile che le stanze appena riordinate fossero già così a soqquadro? Un senso d’impotenza e di sconforto la invase: possibile che tutta la fatica sia sempre fine a sé stessa, che si debba ricominciare daccapo ogni giorno, ogni ora e che le energie finiscano tutte in questo servire? Dopo il primo bellissimo periodo di matrimonio con Francesco, all’arrivo dei due bambini, pur nella grande gioia, sembrava ad Emanuela limitante che tutto finisse in quelle azioni rituali e noiose. Quel giorno, in particolare, la profonda spossatezza stava pesantemente accentuando quello stato d’animo, quando squillò il telefono. Era una telefonata dall’ospedale. Emanuela rispose a monosillabi, spaventata dalla richiesta di presentarsi subito in un reparto specializzato, per un ricovero urgente: alcune analisi di laboratorio avevano rilevato una seria patologia. Era leucemia. Si sentiva un ladro, mentre accumulava il necessario per la degenza in una borsa, per scappare in tutta fretta; ma tutto, anche l’ordine della casa, era destinato ormai ad assumere un valore ben differente! I bambini pur sereni, perché affidati al papà e ai nonni, erano privi della loro mamma, che intanto in ospedale lottava fra l’angoscia dell’abbandono forzato della realtà familiare e la disperazione suscitata dal futuro incerto, e forse drammatico, determinato dal decorso della malattia. Le mattine in ospedale, scandite da esami diagnostici, consulti, prescrizioni e cure intensive, riportavano Emanuela alle giornate casalinghe, che nel letto d’ospedale le sembravano doni del cielo, trascorse con l’amato Francesco, ad accudire i piccoli Giulia e Daniele, a giocare con loro, a consolare, a guidare… Sempre più convinta Emanuela si chiedeva come avesse potuto sottovalutare tutto questo: come aveva potuto svalutare un ruolo così fondamentale per la serenità della sua piccola famiglia, facendo prevalere la stanchezza? Francesco, abituato ad un nido familiare pieno di vita, di movimento e di giocattoli, da quel giorno, si ritrovò a respirare la desolazione di una casa vuota e spenta. La preoccupazione per la giovane moglie lo attanagliava e viveva intensamente tutta l’incertezza e la drammaticità di quel momento. Poi aveva acquistato serenità, nonostante tutto e piano piano aveva letto quel precipitare degli eventi con occhi nuovi. Da un male Dio avrebbe saputo trarre del bene, occorreva confidare in lui, per sentire la sua forza scendere come linfa vitale su di loro che potevano chiedergli, con libertà, di crescere insieme i figli a loro donati. Potevano chiedere la vita. Ricorda Emanuela: Questa era per noi una grande speranza. Infatti dopo cinque mesi mi dimisero definitivamente e ritornai a casa. In questi mesi le famiglie amiche ci avevano aiutato molto e sostenuti. I quattro anni successivi avevano visto crescere i bimbi, ma anche l’amore e l’esperienza del Dio vicino. Pronti forse ad affrontare un drammatico ritorno della malattia. Purtroppo così accadde. Per Emanuela e Francesco fu un momento tragico, proprio come quando il buio torna a scandire le ore e i tratti dei volti si fanno confusi per il dolore che li solca. Ma non erano soli: molti amici, altre famiglie, erano attorno a loro con le attenzioni, il sostegno necessario e la fede. Una grande forza. Ricorda Francesco: Tante persone si stringevano attorno a noi e dicevo a Emanuela che era impossibile che dietro a tutto questo non ci fosse un progetto d’amore. Lo stile di Emanuela all’ospedale era poco conformista, nella nuova battaglia. Si era imposta di voler bene a tutti e così doveva essere. Anche il personale medico ricambiava le attenzioni speciali di una malata particolare che sembrava riporre anche, e soprattutto, in un Altro la sua speranza di salute e che disobbediva ai consigli dei medici di non avere molte visite esterne, pur di ricevere l’Eucaristia. Nei ricordi di Francesco c’è quel capodanno: Sì, in quei giorni ce l’ho messa tutta. Mi ricordo bene, aveva una tosse che la consumava da ore; all’improvviso le è sfuggita un’invocazione, che era una preghiera sommessa e accorata. La tosse è cessata ed è riuscita a dormire qualche ora. Fuori la gente festeggiava, ma a me sembravano tutte cose che passano, mentre l’amore nel dolore verso mia moglie quello sarebbe rimasto. Mi sentivo come sotto la croce… Dentro una voce mi diceva: Vivi ogni attimo con tutto l’amore di sposo che hai, il resto lo faccio io!. Si vuole fuggire il dolore, ma quando ti incontra è lì, a sconvolgerti l’esistenza. Difficile farne un bene. A meno che… lo si possa depositare alla banca del cielo, per essere trasformato in amore. Non sai dove, non sai quando andrà speso, non sai se ne vedrai i frutti. Quel che hai in sicurezza è che non hai sofferto invano. Era il coraggio di Emanuela: Ricordo che nelle lunghe giornate pregando Dio dicevo: Fa’ che questo mio soffrire sia per il bene di chi è più lontano da te, di chi è indifferente e ultimo. E lo ringraziavo per tutti coloro che pregavano per me. Erano veramente tanti, li sentivo vicini. Mi sentivo avvolta dall’amore del Padre e, a distanza di dieci anni, quell’unità ha lasciato segni indelebili. Le terapie hanno inciso sulla mia salute e le difficoltà non mancano, ma abbiamo capito che ci viene data una nuova possibilità. La vita è fatta di attimi da non sprecare. Superata anche questa burrasca, Francesco constatò quanto stesse cambiando la loro vita, con le sue priorità. Era diventato importante dare la precedenza alle cose essenziali, che spesso vuol dire andare controcorrente. Viene più comodo chiudersi nei propri affari e pensare a sé stessi, ma è proprio vera la promessa: cercate le cose di lassù e tutto il resto vi sarà dato in sovrappiù. È questa l’esperienza di Emanuela e Francesco, che fanno della loro scelta di fede il testimone da passare ai loro due figli, nella certezza che di questo abbiano bisogno i giovani: adulti coerenti, capaci di entusiasmare, di avere fiducia e di indicare la meta verso cui fare rotta.