Non solo parole e scontro

Alla luce dei fatti accaduti in questi giorni la riflessione di Gennaro Cicchese dal libro "Incontro a te" di Città Nuova, presentato ieri alla sede dell'Asus. Sono possibili nuovi modelli relazionali?
Gennaro cicchese
Una Firenze sotto shock, quella che si risveglia dall’incubo vissuto nella giornata di ieri,  quando Gianluca Casseri ha fatto fuoco uccidendo due ragazzi senegalesi e ferendone altri. O ancora la Torino della feroce reazione alla presunta notizia –  poi giunta la smentita  – della violenza ai danni di una sedicenne.

 

Cosa sta accadendo nelle nostre città? Perché tanta violenza? Quanto allora è necessario rivedere i rapporti, il dialogo e l’ "altro"? Su  questi temi ha fatto una riflessione per il suo libro "Incontro a te" di Città Nuova Gennaro Cicchese –  docente di antropologia filosofica presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose della Pontificia Università Lateranense  – , che ha presentato il volume a Roma presso la sede dell’Asus nella serata di ieri.    

 

«Nel mondo di oggi non è facile parlare di dialogo. Alla difficoltà concreta di incontrarsi, di trovare cioè un rapporto umano “alla pari” con gli altri, si aggiungono le paure personali, che gli eventi della globalizzazione, del terrorismo internazionale e del cosiddetto “scontro di civiltà”, hanno prodotto nel mondo contemporaneo. La paura dell’altro/degli altri – siano essi individui, uomo-donna, popoli, culture, religioni diverse – rischia di determinare negativamente tutti i rapporti umani.

 

«In verità, l’incontro con gli altri, mediante i viaggi e i fenomeni odierni della mobilità di grandi masse, gli scambi economici e culturali, i grandi avvenimenti sportivi, ecc., dovrebbe renderci più flessibili e aperti. Ma il timore della “diversità” e della “perdita di identità”, indurisce gli animi e chiude gli individui nel localismo e nell’egoismo personale. Cosa sta accadendo nel nostro mondo? Cosa sta accadendo nelle nostre culture? Cosa accade alle nostre persone?

 

«Gli studiosi di scienze umane hanno operato indagini a tutto campo, accertando, nella rapidità e fluidità dei processi in atto, e nel forte influsso del mondo dei mass media, “rete” compresa, la causa dell’indebolimento strutturale dell’individuo. I confini tra vita reale e vita virtuale sono sempre più tenui, al punto da sconfinare in patologie. 

 

«A ciò si aggiunge un’ulteriore considerazione antropologica. L’uomo contemporaneo ha privilegiato l’aspetto esteriore a scapito dell’“uomo interiore”, il mondo fisico rispetto a quello metafisico, in una continua fuga da se stesso e dal proprio centro, fino al mutamento della sua stessa natura di uomo, legata alla “perdita del silenzio”, come privazione di interiorità e incapacità di ascolto. Questa perdita è, probabilmente, una delle cause più importanti dello smarrimento dell’uomo contemporaneo.

 

«Come fa un essere umano, proiettato a vivere sempre “fuori di sé”, a scoprire il suo vero “sé”? Se non rientra, se non torna alle proprie radici, si trova continuamente esposto. Di qui la ricerca di una coltivazione del “sé”, con meditazione e attività New Age, o la pratica di religioni orientali. Ma proprio questa voglia di recupero dell’identità personale – spesso smodata – genera, narcisisticamente, il culto di sé, “la danza per il sé dorato”.

 

«Una ventata di individualismo sta avvolgendo il mondo. L’isolamento e la fragilità del singolo, che ne derivano, potrebbero forse trovare risposta in quella “voglia di comunità”, abbastanza diffusa tra gli esseri umani. Ma questo spesso significa identificarsi in un gruppo contro altri gruppi, riproponendo modelli già visti, che non risolvono i problemi, ma purtroppo ne creano di nuovi. Di qui la necessità di andare oltre i vecchi modelli e di ripensare le relazioni umane andando incontro all’altro, incontro al tu personale che mi passa ogni giorno accanto, alla luce di quel grande dono, appello e compito offerto agli “umani” che si chiama dialogo.

 

«Si è cercato di andare al cuore della questione, per rispondere alla domanda fondamentale: è possibile il dialogo a livello antropologico? Prima ancora, cioè, di parlare di dialogo culturale, politico, interreligioso, ecc., esistono delle caratteristiche umane di base, per poter comunicare, esprimersi e incontrarsi con gli altri? Per attuare questo compito abbiamo fatto confluire nel libro una serie di ricerche filosofiche, teologiche, antropologiche e culturali che ci impegnano da molti anni.

 

«Da queste emerge che in determinati momenti storici, alcune caratteristiche umane cadono in oblio, creando evidenti squilibri nelle relazioni interpersonali. La nostra epoca non ne è esente. Se vogliamo ristabilire un nuovo equilibrio, dobbiamo metterci sulle tracce di queste qualità umane dimenticate. Nei cinque capitoli del libro, perciò, ci siamo dedicati a riscoprire il silenzio, il dialogo, la relazione, l’interiorità e la comunità. Consideriamo questi temi come “pilastri” del vissuto interpersonale, per ripensare le relazioni umane e l’incontro con gli altri».

 

 
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