Non di solo capitalismo
Assuefatti alle logiche economiche del guadagno e dell’incremento del capitale, delle grandi multinazionali, del potere indiscutibile e spesso occulto della finanza mondiale riesce difficile pensare che l’economia sia una scienza molto più variegata di quanto appaia allo stato dei fatti e molto più interdisciplinare e condizionata da altre scienze di quanto la specializzazione dominante non lasci intravedere.
Riesce soprattutto difficile credere che il capitalismo sia una evoluzione, benché non intenzionale, di correnti di pensiero nate in tempi anche molto antichi, le quali peraltro ben difficilmente saprebbero riconoscere negli sviluppi attuali gli orientamenti economici che esse stesse intrapresero secoli fa. Riesce, insomma, difficile accettare che il capitalismo non sia l’unica strada che la società (specialmente quella occidentale) possa e debba seguire.
Rileggere il presente
Ripercorrere le fasi, le scelte, le idee che nel tempo si sono affermate, e spesso trasformate, è allora un esercizio necessario per rileggere il presente, per capirlo un po’ meglio, per saperne analizzare con maggior consapevolezza alcuni elementi positivi così come alcune inquietanti ombre. Specialmente, ci viene da dire, in un’epoca che intende l’uomo soprattutto come un animale economico, idea anch’essa, peraltro, influenzata dall’imperante capitalismo dei nostri tempi.
In questa logica si esprime Luigino Bruni, economista e scrittore, quando afferma che «l’economia è oggi chiamata a una svolta epocale. La scienza economica dell’ultimo secolo ha raggiunto molti risultati straordinari ma ha fallito sul terreno della sostenibilità ambientale e relazionale. Nei tempi di grande cambiamento la storia delle idee può essere risorsa preziosa. In particolare, idee come quelle dell’economia civile che, trascurate e dimenticate ieri, oggi possono rivelarsi davvero essenziali. La storia è come le radici: non è passato, è presente e futuro».
La sfida dell’economia civile
Le Lezioni di storia del pensiero economico, un percorso dall’antichità al Novecento, di Bruni, Santori, Zamagni (Città Nuova 2021) si propongono appunto di rileggere il pensiero economico alla luce di quelle idee che spesso sono rimaste più nascoste, che non sono entrate nel mainstream, nella corrente dominante, pur interagendo spesso con quella, evidenziandone i limiti, elaborandone le proposte più interessanti. Perché, scrivono gli autori, «la grande sfida, culturale e politica insieme, del progetto dell’economia civile è quella di andare oltre il tradizionale modello di economia capitalistica di mercato, senza tuttavia rinunciare ai vantaggi che tale modello ha finora assicurato».
Le teorie non sono neutrali.
Il punto semmai è capire che le teorie economiche e i comportamenti pubblici e privati che ne derivano non sono neutrali. E «non sono neutrali, perché i giudizi di fatto non sono separabili dai giudizi di valore … ma esprimono sempre punti di vista particolari dietro i quali si nascondono (a volte molto bene) interessi particolari che non sono di pura conoscenza, perché le idee e le scoperte cambiano le mappe cognitive delle persone e quindi cambiano il mondo».
Nasce da qui il racconto delle tante teorie, nate in seno a grandi movimenti politici, sociali, religiosi o frutto del lavoro di insigni pensatori che, dalla Grecia di Platone e Aristotele, si sono inanellate fino ai tempi più o meno attuali di Keynes, Shumpeter, Hirschman, Sen. Un racconto sviluppato attraverso XXI lezioni. Lezioni, appunto, e non Indagine, Saggio o Principi, forse perché, parafrasando quanto gli autori scrivono a proposito di un economista a loro particolarmente caro, Antonio Genovesi, il rapporto con i lettori, lo scambio intellettuale, la reciprocità dell’insegnamento sono sempre dimensioni fondamentali e, soprattutto «la scienza economica non è un affare privato, ma è a servizio dello sviluppo e della fioritura dei popoli».