Non solo Bologna: sempre più città a 30 km orari

L'uscita a gamba tesa del ministro dei Trasporti, Matteo Salvini, sul caso del capoluogo emiliano, ha riacceso il confronto sul tema dell'abbassamento dei limiti di velocità. E sono molte le città che già hanno provveduto o stanno per farlo
Un segnale a terra che segno il limite a 30 km/h, Bologna, 16 gennaio 2024. ANSA/MAX CAVALLARI

Forse, più che la notizia in sé dell’implementazione a Bologna del limite di velocità a 30 km orari sul 70 per cento del centro urbano  – ampiamente annunciata già da mesi – ha fatto scalpore la reazione del ministro dei Trasporti, Matteo Salvini, sui social: «Non è ragionevole applicare il limite su tutta la città – ha detto Salvini in un video –. Costringere i bolognesi ai 30 all’ora crea un danno maggiore dei benefici». E ancora: «Ho letto che grazie alla riduzione di 20 chilometri orari si sentirà meglio il canto degli uccellini. Penso che il diritto al canto degli uccellini, e alla loro udibilità, debba essere contemperato con il diritto al lavoro di centinaia di migliaia di persone».

Al netto dell’errore materiale del ministro con annesse polemiche (il limite non si applica a tutta la città ma soltanto ad alcune strade in ottemperanza alle indicazioni dello stesso ministero, e il sindaco bolognese Matteo Lepore ha accusato Salvini di diffondere fake news) sulla questione si è instaurata una sorta di battaglia politica tra favorevoli e contrari; tanto che il leader leghista ha annunciato un decreto per sancire che il limite di velocità in area urbana è 50 km orari, salvo eccezioni specificatamente indicate – con relative sanzioni per le amministrazioni comunali che non ottemperano. I prossimi giorni diranno quindi se, come sostenuto dal ministero, Bologna è in realtà “andata oltre” nel definire le strade con limite 30, o se invece, come sostiene l’amministrazione comunale, i criteri siano stati rispettati e cambiarli con un decreto successivo sia quantomeno discutibile (tanto che il Codacons ha annunciato di voler fare ricorso al Tar).

Altro nodo è stato quello degli autovelox, con il ministero dei Trasporti che in una nota ha fatto sapere che intende evitare che questi vengano usati dai Comuni come strumenti per fare cassa installandoli nelle zone a limite 30: fronte su cui però Lepore ha tranquillizzato il dicastero, assicurando che non ce ne sono, e in ogni caso andrebbero autorizzati dalla Prefettura.

La battaglia politica, in realtà, trascende le linee di partito. Tra i primi a rispondere a Salvini, oltre all’amministrazione comunale bolognese (che è di centrosinistra), c’è stato il sindaco di Olbia (che è invece di centrodestra): lì l’amministrazione guidata da Stefano Nizzi ha esteso il provvedimento a tutta l’area urbana (unico caso in Italia), ma assicura che – purché il processo sia “accompagnato”, con adeguata informazione alla popolazione – i frutti si sono visti in termine di minore gravità degli incidenti e miglioramento della qualità della vita. In quanto poi alla polemica sugli autovelox a rispendere è stato Assoutenti; il cui presidente Gabriele Melluso ha affermato all’agenzia AdnKronos che, pur riconoscendo che «si assiste ad un uso troppo disinvolto per non dire vessatorio di tali strumenti di rilevazione della velocità […] Assoutenti è favorevole ad una riduzione dei limiti a 30 km/h nelle aree dove si rende necessario adottare un simile provvedimento, ma occorre obbligare le amministrazioni locali a pubblicare le opere pubbliche e le attività sulla sicurezza stradale realizzate grazie agli introiti delle multe stradali».

La prima città italiana ad adottare il limite di 30 km/h su alcune strade è stata Cesena nel 1998, e sono al momento una sessantina quelle che lo hanno fatto. Tra chi già lo ha fatto o sta per farlo – almeno su alcune strade – ci sono Cagliari, Reggio Emilia, Parma, Vicenza, Treviso, Verona, Arezzo, Firenze, Caserta, Bergamo e Cuneo. Sulla scia del provvedimento bolognese ha annunciato di volersi muovere in tal senso anche Padova, mentre Torino, Milano e Roma stanno studiando delle soluzioni (città in cui, lo ricordiamo, nelle ore di punta la velocità media è comunque non superiore ai 20 km orari, con punte negative addirittura di 7: poco più che andare a piedi). Guardando all’Europa ci sono ad esempio Graz, Londra, Amsterdam, Bilbao, Helsinki, Barcellona e Madrid.

Ma cosa dicono i dati? In realtà sono abbastanza variegati, tanto da far dire ad alcuni analisti che in realtà le variabili tra una città e l’altra sono così tante che è impossibile dire in astratto se un limite a 30 km/h è davvero utile nel caso di specie a ridurre incidenti e inquinamento e migliorare la qualità della vita. Servirebbe insomma uno studio dettagliato in base alla conformazione delle strade di ciascun centro urbano, al traffico medio, al numero di persone che si muovono in auto, a piedi o in bici e in quali zone, eccetera.

Per fare alcuni esempi, comunque, Graz riferisce una diminuzione degli incidenti del 25 per cento, così come Londra; e la capitale inglese parla anche di una diminuzione del 63 per cento dei pedoni investiti. Più in generale diminuiscono gli incidenti gravi, dato che gli impatti avvengono a velocità ridotta: per fare un esempio, la differenza tra essere investiti da un’auto che va a 30 km/h e un’auto che va a 50km/h è la stessa che passa tra cadere dal primo o dal terzo piano. Non solo: Bruxelles ha registrato una diminuzione della circolazione delle auto del 15 per cento, compensata dall’aumento di quella a piedi e in bicicletta; con tempi di percorrenza pressoché analoghi o di poco superiori.

Insomma anche il limite a 30 km/h, come tutte le cose, va bene se viene fatta bene: in zone chiaramente definite, con adeguati percorsi ciclopedonali e relativi attraversamenti a supporto, e all’interno di un contesto di rispetto del codice della strada da parte di tutti.

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