“Non si uccide in nome di Dio, ma non si offende la religione altrui”
Nel suo viaggio in Asia, papa Francesco non poteva non riferirsi anche a quanto successo nei giorni scorsi in Francia. Al di là delle manifestazioni di piazza, degli slogan emersi come reazione alla violenza contro la libertà di espressione, che tendono ad appiattire le identità personali e comunitarie, era senza dubbio necessaria una voce autorevole. Anche qui il papa non ha perso l’appuntamento con la chiarezza.
Definendo sia la libertà religiosa che quella di espressione come fondamentali, ha affermato che «non si può nascondere una verità, che ognuno ha il diritto di praticare la propria religione, senza offendere, liberamente. […] Non si può offendere, fare la guerra, uccidere in nome della propria religione […], non si può uccidere in nome di Dio. […]. Uccidere in nome di Dio è un’aberrazione. Credo che questo sia la cosa principale sulla libertà di religione: si deve fare con libertà, senza offendere, ma senza imporre ed uccidere».
Inequivocabile anche la posizione sulla libertà di espressione. «Ognuno non solo ha la libertà, il diritto, ha anche l’obbligo di dire quello che pensa per aiutare il bene comune. L’obbligo. […] Abbiamo l’obbligo di dire apertamente, avere questa libertà, ma senza offendere. […] Non si può provocare, non si può insultare la fede degli altri, non si può prendere in giro la fede. […] C’è un limite. Ogni religione ha dignità, ogni religione che rispetti la vita umana, la persona umana. E io non posso prenderla in giro. E questo è un limite».
In entrambi i casi, tuttavia, Francesco ha riconosciuto anche i limiti e gli errori della Chiesa. «Ma sempre pensiamo alla nostra storia – ha sottolineato – quante guerre di religione abbiamo avuto! Anche noi siamo stati peccatori su questo». E non ha mancato di sottolineare un atteggiamento errato sulla religione, tipico dell’occidente post-positivista che «porta alla fine a credere che le religioni o le espressioni religiose sono una sorta di sottocultura, che sono tollerate, ma sono poca cosa, non fanno parte della cultura illuminata. E questa è un’eredità dell’illuminismo. Tanta gente che sparla delle religioni, le prende in giro, diciamo “giocattolizza” la religione degli altri«.