Metà dei sindaci non si ricandida

Fenomeno imbarazzante per Macron quello della disaffezione dei sindaci, in particolare quelli dei piccoli centri rurali, per le loro cariche elettive. Le ragioni sono economiche e motivazionali

«La metà dei sindaci francesi pensa di passer la main», cioè, di non presentare la propria candidatura nelle elezioni comunali del 2020. Così titolava ieri il quotidiano Le Monde un articolo sui risultati di un’inchiesta realizzata dal centro di ricerche di Sciences Po (Cevipof), dopo aver consultato 35.357 sindaci del Paese. Martial Foucault, direttore del centro, mostra quanto sia sorprendente una tale conclusione, se si pensa che nelle ultime elezioni comunali, nel 2014, il 60% dei sindaci era stato rieletto. Ora, invece, a distanza di un anno e mezzo della prossima puntata elettorale, quasi il 50% ha detto di voler «rinunciare a qualsiasi mandato elettivo», e la percentuale aumenta tra quelli che sono in carica per la prima volta. Perché?

Siamo forse davanti a una sorta di “crisi vocazionale”, o è meglio pensare che ogni rinnovamento dei rappresentanti politici sia un segno di buona salute democratica? I sindaci interrogati hanno manifestato alcune delle ragioni che li spingerebbero ad abbandonare la loro responsabilità politica. La maggior parte di essi (il 71%) vorrebbe privilegiare la sua vita personale e familiare, indipendentemente dell’età, dalla situazione matrimoniale o dalla dimensione del comune. Un altro argomento frequente (al 52%) è che i sindaci in carica considerano di aver compiuto i loro doveri civici impiegando tempo e dedizione. Comunque sia, l’inchiesta ha lasciato perplessi gli studiosi di Sciences Po.

Ma andiamo un po’ indietro. Nel mese di agosto la stampa francese, e anche quella internazionale, metteva in grande risalto una certa «ondata di dimissioni» tra i sindaci francesi, in particolare quelli dei comuni piccoli. Nei quattro anni dopo le elezioni comunali del 2014, si erano dimessi 1.021 sindaci, quasi il doppio del mandato precedente. Il quotidiano Le Figaro fece allora una sua inchiesta, in base ai dati della Rubrica nazionale delle cariche elettive, concludendo che la maggior parte degli abbandoni si producevano in comuni di meno di 2 mila abitanti, soprattutto nelle regioni del nord e dell’est del Paese. E secondo la presidente dell’Associazione dei sindaci rurali della Francia, Vanik Berberian, il fenomeno non era sorprendente «perché le condizioni per esercitare la carica, in particolare nel mondo rurale, si sono degradate di anno in anno». Tra le diverse cause esposte dagli analisti per spiegare questa crisi, emerge la questione finanziaria, che mette in grosse difficoltà i sindaci per poter portare a compimento le loro promesse elettorali. Concretamente, una misura adottata in luglio dal governo di Parigi, con lo scopo di sopprimere progressivamente la cosiddetta «tassa di abitabilità», porterà ai comuni una perdita di oltre 8 miliardi e mezzo di euro.

La tensione tra il governo centrale e i comuni cresce. Secondo Luc Rouban, sociologo di Sciences Po, la situazione evidenzia una vera frattura tra lo Stato e le autorità locali, e ciò è preoccupante perché i sindaci «sono l’ultimo anello della democrazia rappresentativa», ma hanno una scarsa capacità di manovra e molti si lamentano di essere semplici esecutori delle decisioni prese a Parigi.

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