Non ho mai perso la gioia..
Giovanni Romana ha 37 anni ed è affetto da una patologia finora sconosciuta che lo costringe a vivere su una sedia a rotelle, con gravi limitazioni di movimento e di espressione verbale. Eppure, conoscendolo, colpisce il suo sguardo che trabocca di una gioia limpida, di cui molti normodotati fisicamente ben più abili sono del tutto privi. Viviamo martellati dal culto dell’efficienza, del fisico perfetto, della forma smagliante, tanto che, senza nemmeno rendercene conto, finiamo per considerare intollerabile e invivibile un’esistenza priva dei necessari requisiti. Forse vale la pena ascoltare cosa Giovanni ha da dirci di sé, della sua vita e delle ragioni della sua gioia. Abito con la mia famiglia in una frazione di campagna in mezzo alle colline coperte di vigneti delle splendide Langhe, nel cuneese. Ho due fratelli, Claudio e Marco. Anche Marco è costretto come me in carrozzella. I miei genitori lavorano in campagna. Io e mio fratello Claudio lavoriamo nella cooperativa Insieme di Alba, dove ci sono diversi altri ragazzi con problemi. Fino a tre anni camminavo e parlavo come tutti. Poi ho cominciato ad avere delle difficoltà di movimento sempre maggiori. Siccome i miei genitori mi hanno insegnato a pregare e ad amare Dio, ho trovato naturale accogliere da lui tutto quello che mi mandava; e, anche se potrà sembrare difficile, ho sempre accettato la mia situazione come un suo dono. Così non ho mai perso la gioia e la disponibilità a voler bene alle persone che ho intorno. Con gli studi sono iniziate le prime difficoltà e le prime battaglie: a quei tempi, fine degli anni Settanta, i bambini con problemi faticavano ancora ad accedere alle scuole frequentate da sani. È stato un periodo abbastanza sofferto, a volte vissuto nel buio, ma che mi ha aperto alla realtà esterna, al contatto con le persone cosiddette normali. Negli anni delle medie il mio insegnante di ginnastica mi ha resopartecipe di una realtà nuova. Nel suo amore disinteressato, ho capito come forse mai prima che anch’io potevo dare: bastava a volte un sorriso, una parola o un semplice ascolto… Invitato poi dallo stesso professore ad un concerto del Gen Rosso, a Cuneo, ho intravisto dietro i ragazzi del complesso e le loro canzoni qualcosa di più: il messaggio di una vita che mi sembrava di cogliere in tutta la sua intensità. Per conoscere meglio questo ideale ho partecipato ad un incontro estivo dove mi sono sentito accolto per quello che ero effettivamente: un’esperienza entusiasmante e rivoluzionaria insieme, l’intuizione di come sarebbe il mondo se tutti vivessero in fraternità. Ho compreso ancora una volta che anch’io potevo dare, nonostante la mia condizione… Negli anni seguenti, tra varie vicissitudini, ho frequentato le scuole superiori e conseguito il diploma di perito informatico all’Itis di Fossano. Sono ormai più di dodici anni che lavoro nella cooperativa cui accennavo prima; attualmente mi occupo quasi esclusivamente della contabilità. Mi trovo bene, il clima è quello di una famiglia un po’ allargata. Cerco di portare anche qui quello spirito di fraternità che ho fatto mio… anche se non è sempre facile. È bello, ad esempio, accogliere i clienti, i fornitori o i colleghi che passano nel nostro ufficio con un sorriso, un saluto ben dato. Queste possono sembrare piccole cose, ma sento che contribuiscono a costruire un pezzetto di mondo rinnovato. Col computer, poi, ho contatti con molte persone con le quali ho l’occasione di confrontarmi su diversi argomenti. Attualmente, seguo anche diversi forum di conversazione in rete: ho così la possibilità di stringere nuovi rapporti in un ascolto sempre pieno e spontaneo con tutti. È bello vedere come ogni prossimo incontrato abbia situazioni, drammi, gioie che puoi accogliere dentro di te. Ed è altrettanto entusiasmante quando, dopo una chiacchierata su Internet, l’altro di là ti ringrazia, dopo che tu non hai fatto altro che ascoltarlo. Come quella volta con Simone, conosciuto in un forum e poi ritrovato subito in chat, per una conversazione a due: era stato lasciato da poco dalla sua ragazza e si è aperto con me in un modo speciale, confidandomi cose molto personali. Quando l’ho ringraziato per aver condiviso con me questa sua vicenda, mi ha risposto: Grazie a te dell’ascolto che mi hai offerto. Amare l’altro come me stesso ci aveva uniti profondamente, anche se abitiamo a chilometri e chilometri di distanza! Questa è solo una delle tante esperienze a conferma che vivere il farsi uno con gli altri abbatte barriere, fa cadere pregiudizi e muri di indifferenza: se vissuto da tanti con l’impegno dovuto, potrebbe portare il mondo alla pace. Anche nella mia famiglia le relazioni, soprattutto ultimamente, sono molto positive. Durante i pasti, molte volte riusciamo a scherzare e a ridere insieme: così ci aiutiamo a superare le traversie che ognuno incontra nel proprio cammino. L’unità costruita con i miei genitori e fratelli ci aiuta ad essere una famiglia sempre aperta agli altri: così sono numerosi gli amici che ci vengono a trovare e con i quali sperimentiamo rapporti di vera fraternità. Sono soltanto dei flash, ma penso indicativi di quanto per me la vita sia un’avventura meravigliosa che merita di essere vissuta al massimo, comunque essa sia!