Non essere cattivo
A parte L’Attesa e Sangue del mio sangue, di cui abbiamo già scritto, arriva nelle sale un altro film in concorso alla mostra veneziana, ossia Non essere cattivo, di Claudio Caligari. Il regista, purtroppo scomparso, racconta ancora una storia di disperazione e di morte, come aveva narrato in Amore tossico. Qui due sbandati, giovani, drogati, in una Ostia desolata e squallida, vivono alla giornata, spacciando, bevendo e cercando alla fin fine sia la loro identità che la felicità. Giorni e notti di eccessi per i “fratelli”: Cesare – il più folle – e Vittorio – il più sensibile – senza tregua, sprofondati nel buio della vita. Si potrà risorgere?
Cupo, violento più nell’anima che nelle azioni, assetato di amore e di tenerezza, il film alterna durezza, trasgressione a momenti di sincera commozione – la piccola Deborah che muore sola di notte – e a un barlume di possibile speranza. Una vitalità disumanizzata nelle periferie romane, che poi son quelle del mondo giovanile allo sbando. Luca Marinelli e Alessandro Borghi sono straordinari, forse talora Marinelli calca troppo il pedale della follia; la regia è incalzante, la fotografia “marcia”. Molto interessante e appassionato.
Dove eravamo rimasti
Meryl Streep può permettersi tutto. Davvero? Qui, nel film adrenalinico di Jonathan Demme, è fin troppo sopra le righe, impazza dovunque debordando nel ruolo della madre rockettara, dimentica della famiglia, sola e tuttavia e bisognosa di affetto. Lei è Linda che canta, alla sua non giovane età, vestita da trasgressiva in un modesto locale californiano con un compagno anch’egli pieno di sogni impossibili. Ritrova la famiglia, anche se per poco e forse trova un po’ di pace. Il film è una autoesaltazione delle doti, anche canore, di Meryl (vi recita pure la figlia), che canta, balla, parla, così che gli altri personaggi quasi non esistono. Ed è il limite del film, anche se lei è sempre la grandissima attrice che conosciamo.