Non esiste un solo tipo di presidenzialismo

Il passaggio verso una forma di governo presidenziale è al centro del dibattito parlamentare, ma esistono diverse modi per realizzarlo. Uno sguardo ai diversi programmi e le domande aperte che investiranno probabilmente una commissione bicamerale del prossimo Parlamento
Presidente della Repubblica Palazzo del Quirinale. foto Wikipedia

Il presidenzialismo è una una parola che si sente circolare con una certa insistenza in questa campagna elettorale. Con questo articolo riprendiamo il filo dell’approfondimento delle proposte di riforma costituzionale presenti nei programmi elettorali.

Per cogliere la portata delle proposte in campo sono necessarie alcune premesse. Se intesa in senso tecnico, la parola “presidenzialismo” indica quella forma di governo che, pur in presenza di un Parlamento, è imperniata sulla figura del Presidente della Repubblica eletto a suffragio universale e diretto che ricapitola in sé la funzione di capo dello Stato e di capo del governo.

È il caso degli Stati Uniti d’America, il cui sistema incarna il prototipo del presidenzialismo (sorretto anche da un quadro politico bipartitico uninominale).

Solitamente però in Europa guardiamo a sistemi meno netti, che vedono la compresenza di due figure, il Presidente della Repubblica, eletto direttamente, e il Capo del Governo, nominato dal primo, che conserva però poteri di governo più o meno penetranti: per questi sistemi la denominazione utilizzata è semipresidenzialismo (uno di questi è quello francese).

Infine non sono rari sistemi che prevedono l’elezione diretta del Presidente della Repubblica senza che questi assuma poteri di governo; in questi casi siamo di fronte a forme di governo parlamentari con elezione diretta del Capo dello Stato (è il caso dell’Austria, per fare un esempio).

Altro caso riguarda l’elezione diretta del Capo del Governo; è un caso del tutto raro sperimentato in Israele. Tra queste possibilità, cosa ci propongono i nostri politici?

Il programma comune delle liste di centrodestra, come abbiamo visto, si riferisce genericamente alla “elezione diretta del Presidente della Repubblica”, solitamente indicata, nel dibattito giornalistico ed elettorale, come “presidenzialismo”.

Ma davvero l’ispirazione è quella presidenziale, cioè statunitense? Qualche elemento in più proviene dai programmi delle singole liste che compongono il centrodestra, specialmente quello di Fratelli d’Italia e quello della Lega.

Quest’ultimo è il più dettagliato, proponendo “il presidenzialismo, secondo il modello sperimentato in Francia”. È pur vero che si tratterebbe di semipresidenzialismo, ma l’importante è avere chiarezza sul modello e sui poteri del Presidente eletto. In quel programma anche i poteri sono delineati, benché qualche sfumatura non li renda del tutto chiari (non è detto, ad esempio se presiede il governo, indicando un generico potere di “guida della politica nazionale”); in ogni caso sappiamo che la forma di governo cambierebbe da parlamentare a semipresidenziale.

Nel programma di Fratelli d’Italia si fa riferimento alla necessita di “Riforma presidenziale dello Stato, al fine di assicurare la stabilità governativa e un rapporto diretto tra cittadini e chi guida il governo”. Espressione che annuncia l’uscita dal parlamentarismo, ma non indica i contorni del presidenzialismo.

Forse però possiamo fare riferimento alla proposta di legge d’iniziativa di Giorgia Meloni che nei mesi scorsi è stata esaminata dalla Camera; anche il profilo lì delineato guarda decisamente al modello francese (benché fosse previsto anche un istituto tipico del parlamentarismo, la sfiducia costruttiva).

Mentre Forza Italia non fornisce indicazioni specifiche pur prevedendo l’elezione diretta del Presidente della Repubblica, i programmi di altre liste (Movimento 5 Stelle da un lato e Partito democratico dall’altro) si indirizzano verso un irrobustimento del sistema parlamentare principalmente attraverso l’introduzione dell’istituto della sfiducia costruttiva.

Una novità che riguarda la forma di governo è invece presente nel programma di Azione-Italia viva, lista che propone l’elezione del Presidente del Consiglio. Qual è il modello di riferimento?  La risposta che si legge è: “sul modello dei sindaci delle città più grandi”.

E infatti questo premier eletto viene presentato come il “Sindaco d’Italia”. Detto questo, mancano ulteriori elementi per stabilire se la forma di governo muterebbe o meno e se, come era in Israele, rimarrebbe il Presidente della Repubblica eletto dal Parlamento o se, viceversa, rimarrebbe una figura unica come è negli Stati Uniti (senza peraltro poter immaginare una parentela con quel sistema senza rivedere a fondo molti altri profili del nostro sistema).

Insomma, quello che possiamo ricavare dai succinti programmi elettorali riguardo la prossima forma di governo italiana, è che tutti dichiarano l’intenzione di voler affrontare l’instabilità cronica che affligge il nostro sistema istituzionale centrale; parimenti è presente la consapevolezza che bisogna rinsaldare il legame tra cittadini e istituzioni, sia aumentando la partecipazione che rendendo più efficiente il sistema; manca però una ricetta sufficientemente elaborata.

Questo compito verosimilmente è rinviato a dopo l’insediamento del Parlamento, quando bisogna procedere alla stesura delle proposte di legge. Lì bisogna abbandonare le imprecisioni tecniche, che in campagna elettorale si travestono da fumosità lasciando l’elettore perplesso anche su questo punto tanto rilevante. Ma forse, chissà, la vera intenzione è di dar vita a un altro tentativo di commissione bicamerale ad hoc. Argomento anche questo che merita qualche nota ulteriore.

 

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