Non è meglio un’adozione?

Cosa significa per una coppia ricorrere alla fecondazione eterologa? Il desiderio di avere un figlio, non potrebbe essere soddisfatto prendendo con sé un bambino che non ha più famiglia? Una lettera per il direttore
Embrione

In questi giorni ho avuto modo di seguire sia per lavoro (come giornalista freelance), sia per interesse personale, il dibattito attorno alla sentenza della Consulta sulla legge 40. Ad attirare la mia attenzione però non sono state tanto le questioni etiche che ruotano attorno alla fecondazione artificiale e a quella eterologa nello specifico – che pur rimangono il nodo centrale del contendere -, quanto piuttosto al desiderio di genitorialità.

È questo infatti, in ultima analisi, a muovere le coppie che ricorrono a questo metodo; un desiderio però a mio avviso incentrato su una genitorialità prima di tutto fisica. Non si può nemmeno più infatti parlare di genitorialità biologica, dato che nel caso dell'eterologa almeno uno dei due genitori è esterno alla coppia: stiamo quindi assistendo al passaggio dal desiderio di avere un figlio biologicamente proprio a quello dell'atto fisico «generare» in quanto tale, pur se ne uscirà un figlio tecnicamente altrui. E qui sta, ritengo, il salto concettuale che distingue la fecondazione eterologa dall'adozione – altro caso di genitorialità non biologica: se le coppie che scelgono quest'ultima strada, infatti, hanno alla base la decisione di aprire la propria famiglia ad un bambino e concretizzare il proprio essere padre e madre nel crescerlo, le coppie che scelgono la prima considerano l'atto fisico del generare un prerequisito, al di là del dato biologico.

Qui però si apre, a mio avviso, il rischio che il figlio nato così costituisca una sorta di «menzogna» verso sé stessi, verso gli altri e verso il bimbo stesso, nell'aver preteso di far passare come proprio un figlio che proprio non è: con che occhi un padre guarderà un figlio che sa non essere anche carne della sua carne, ma soltanto della moglie o compagna che sia, sebbene il figlio stesso, amici e parenti lo credano figlio suo? Senza contare i problemi che potrebbero porsi se e quando la coppia deciderà di spiegare a questo figlio come è venuto al mondo: diverso è infatti il caso dell'adozione, in cui al giorno d'oggi sia il bambino che la famiglia vengono accompagnati – anche grazie all'aiuto di assistenti sociali, psicologi e consulenti familiari – in un percorso di scoperta, accettazione e valorizzazione delle proprie origini che non vengono mai nascoste, specie nel caso dell'adozione internazionale.

Diventa poi legittimo chiedersi in quali cliniche verrà effettuata la fecondazione eterologa: difficile infatti credere che gli interessi privati non andranno in nessun caso ad intrecciarsi per speculare su un desiderio che rimane legittimo e comprensibile.

Prima delle questioni etiche, quindi, dovremmo forse chiederci che cosa significa essere genitori anche alla luce delle possibilità offerte dalla scienza, e non usarle semplicemente per mentire a noi stessi e agli altri sul fatto di non aver potuto avere un figlio con metodi naturali.

Chiudo con le parole di una signora che, interpellata sul perché non si battesse contro il divieto sull'eterologa dato che questa le avrebbe consentito di avere un figlio, ha risposto: «Perché avere un figlio è un mio desiderio, non un mio diritto».

Chiara Andreola

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