Non dimenticare Tunisi
Sono stato dall’11 al 13 gennaio a Tunisi per partecipare al un convegno dal titolo «La nuova Costituzione tunisina: un ponte sul mediterraneo – esperienze di collaborazione tra Italia e Tunisia». Nel convegno è stato presentato il volume: «Tunisia: la primavera della Costituzione» curato da Tania Groppi e Irene Spigno.
Un sole luminoso, quasi primaverile ci ha accolto all’arrivo a Tunisi. Un clima, che indicava una stagione del Paese, così determinato a uscire dal suo passato, per costruire e consolidare una rinnovata democrazia costituzionale.
È da cinque anni che la Toscana si è coinvolta nella storia di questa terra, di questo Paese, nella convinzione che in Tunisia si giocava una partita decisiva anche per il nostro Paese. Oggi tutto questo ha una maggiore evidenza. Si è scelta la strada del diritto e della legge e non della guerra e del conflitto.
La lungimiranza di questa scelta viene confermata dal fallimento della guerra in Libia e dalla guerra in Siria. In fondo la nascita del terrorismo e del califfato di al-Baghdadi ha qui la sua origine. Si è scoperchiata una pentola e non si è più stati capaci di chiuderla. E una onda di morte ha travolto il mediterraneo, trasformandolo in un cimitero senza fine.
I dialoghi di questi giorni con gli amici tunisini hanno confermato la forza della loro scelta. Essi hanno vissuto il tempo del coraggio. Hanno perseguito con ostinazione e determinazione la via della democrazia e della legalità. Senza legge e senza diritto una comunità e un popolo non sono in grado di fare la pace.
La Franciainaugurando la guerra con la Libia e manifestando di essere il ministro della difesa europea ha mostrato la sua debolezza culturale. Sono passati quasi cinque anni e la situazione progressivamente peggiora, non solo sul versante dei migranti e dei rifugiati, ma soprattutto viene sempre meno la possibilità di ricomporre il Paese. Troppi ostacoli, troppi interessi, troppe resistenze, troppi ritardi nella politica.
Dopo la Libia, la Siria, qui le cose hanno assunto il volto della tragedia e interi popoli si sono trasferiti nella ricerca disperata di un futuro di pace che, al contrario, si è costantemente trasformato in una guerra senza ritorno. Troppe armi, troppo petrolio e troppe soldi e oggi si vive una guerra di tutti contro tutti.
In questo contesto difficilissimo la Tunisia ha vissuto il coraggio della pace, ha cercato la pace tramite le istituzioni e la loro trasformazione democratica. È stato riconosciuto alla Toscana la lungimiranza di legare Costituzione e diritti, salute ed economia sociale solidale, formazione culturale e turismo, nella convinzione che bisognasse legare sviluppo economico e innovazione istituzionale.
Siamo stati a Tunisi e a Kassserine (la regione più povera del Paese), perchè siamo convinti che bisognasse investire in istituzioni e in sviluppo e le istituzioni si sarebbero rinforzate se lo sviluppo del Paese accompagnasse il lavoro soprattutto dei giovani.
La presenza a questa presentazione dei migliori giuristi tunisini era la conferma di questo processo istituzionale e sociale di come sia stato apprezzato. Il ponte sul Mediterraneo lo si costruisce così: non è un ponte di guerra, ma un ponte di pace, di diritto e di democrazia.
La scelta della pace è inscritta in una cultura della fraternità che ha la sua origine nel dialogo dei tre monoteismi. Quando i tre monoteismi hanno avuto un esito fondamentalista, sono diventati violenti e si sono combattuti nel modo più feroce possibile. Quando i tre monoteismi hanno scelto la via del dialogo, dell’incontro e dell’ascolto, la pace è divenuta possibile e le armi sono state deposte, per scegliere la via della riconciliazione.
C’è un ulteriore problema nel Paese: come è possibile riconciliare il Paese dopo le sofferenze e le prove, imposte dall’autoritarismo di Ben Alì? C’è una memoria da guarire, per evitare che ciò che si è vissuto fino ad oggi, di nuovo si riproponga.
Ecco la guarigione della memoria, ha in uno stato musulmano come la Tunisia la sua fonte nella fede nel Dio misericordioso. Ora dire che Dio è misericordioso significa riconoscere che Dio ha il cuore aperto ai miseri, capace di ascoltare i miseri e le vittime, coloro che solo Dio non abbandona.
E allora la distanza dal Dio misericordioso al Dio che perdona la distanza è minima. Questa è la fonte di un ecumenismo musulmano, capace di sconfiggere la violenza religiosa e politica. In buona sostanza la guerra che attraversa le grandi famiglie sunnite e sciite.
È una ulteriore responsabilità, che riguarda il mondo musulmano tunisino: narrare un nuovo islam di misericordia e di perdono. Certo la scelta di pace della nuova Tunisia, ha la sua origine in questa lettura non violenta della tradizione musulmana. La piccola Tunisia apre grandi strade non solo sul piano della cultura e delle istituzioni, ma anche nella confessione del mistero dell’unico Dio.
E quando mi è stata chiesta una definizione del Mediterraneo, io ho risposto che il Mediterraneo è narrato dalla fraternità. E la fraternità deve essere l’esperienza degli ebrei dei cristiani e dei musulmani. Davvero dei figli di Abramo.
Dunque un nuovo islam spirituale, che accompagna e sostiene un grande rinnovamento culturale e politico del paese. Questo domanda cambiamenti rapidi e profondi nell’assetto politico e istituzionale del paese.
Come è noto, la Costituzione tunisina ha un articolo sui disabili, frutto della intelligenza dei tempi, ma io penso, da disabile, che sia il frutto della fede in questo Dio che ha il cuore aperto ai miseri, ai più provati. Un cuore misericordioso.