Non dare Dio al mondo, ma il mondo di Dio
A Pra ‘d Mill il monastero cistercense “Dominus Tecum”, fondazione recente dell'antica abbazia di Lérins, accoglie pellegrini e turisti. A colloquio con padre Cesare Falletti
Gli alberi del fitto bosco, che s’incontrano all’inizio della salita, dicono di autunno che si sta approssimando. Una cappa di bruma sovrasta il cammino e ci accompagna da Barge in su, lungo la valle dell’Infernotto, dove tra i comuni di Bagnolo e Barge si trova il monastero cistercense: un luogo di solitudine e di pace, di prati e di boschi, di acque fresche e limpide di torrente. Qui, dove un tempo vi era un piccolo insediamento feudale e agricolo con il castello, le case coloniche, e una cappella del XVIII secolo dedicata all’Annunciazione, è sorto un monastero con il chiostro, le celle, i laboratori, la chiesa e i luoghi di accoglienza ai pellegrini.
È il 1986 quando i monaci francesi di Lérins ricevono in dono questa proprietà, e l’anno successivo arrivano i primi due monaci per stabilirsi definitivamente. Su quell’isola, nella baia di Cannes, sin dall’inizio del V secolo S. Onorato con alcuni compagni ha voluto vivere la vita monastica fondando uno dei primi monasteri d’Occidente. Oggi, al seguito di una tradizione di sedici secoli quasi ininterrotta, l’abbazia cistercense di Lérins continua a vivere la stessa ricerca di Dio condotta dalla regola di S. Benedetto. Il monastero “Dominus Tecum” è una fondazione recente dell’antica Abbazia di Lérins, l’isola francese sulla Costa Azzurra. La bruma si fa più fitta e nasconde il sereno del cielo, in questa valle stretta e umida, ma una volta arrivati al monastero il cielo lo si incontra nel volto di questi monaci che lo donano tutto con l’intensità del loro sguardo.
Padre Cesare Falletti, cuneese, è uno dei due monaci arrivati per primi a Pra ‘d Mill. Incontrare un amico è sempre una festa, soprattutto quando questa accoglienza avviene nella maniera più austera. Senza doni, senza formalismi, ma nella semplicità più estrema. Ci si dona lo sguardo: Cesare ha occhi che penetrano nel più profondo, e ti fanno dono della vita che vive in lui: dona Dio e nient’altro. Attorno ci sono tante persone, turisti, curiosi: cosa cerca l’uomo che raggiunge questo luogo? Ce lo spiega Padre Cesare: «Ognuno è differente: la tranquillità o la preghiera, una comunità o qualcuno con cui confrontarsi, il riposo. Ma tutti, coscientemente o incoscientemente, cercano quella parte di sé che non visitano mai e in cui Dio li aspetta».
Nell’epoca dell’immagine, della massima visibilità, loro sono qui, apparentemente nascosti, a dare Dio al mondo con la loro preghiera. Non è difficile per l’uomo d’oggi capire la bellezza di questa scelta? «Forse, ma non è importante che l’uomo capisca. Anche noi forse non capiamo cosa viviamo, ma il Signore sa perché conduce i suoi amici nel deserto. Certo non è per il successo o l’apparenza, né per delle facili garanzie di vita. Ma di Dio si ha sempre nostalgia anche quando non si crede, e il monastero dà una pace che si alza come l’aurora e ci si ritrova in una certa luce. Se poi non viene la fede, questo non vuol dire che il soggiorno qui non abbia fatto bene. Però non direi che diamo Dio al mondo, ma piuttosto il mondo di Dio, stando con la nostra carne davanti a Lui».
"Ora et labora", preghiera e lavoro, sono il cardine della loro vita monastica. A Prà ‘d Mill l’ la vita è scandita dal programma giornaliero: l’orario di levata è le 3,30 del mattino, la recita di compieta alle 20 chiude la giornata. I monaci cistercensi non sono predicatori, pastori o animatori, ma fratelli silenziosi davanti al Signore, che adorano, lodano e ringraziano e invocano a nome e in unione con tutti gli uomini per essere l’eco del "fiat voluntas tua" di Maria.