Non ci sono più margini per aumentare il deficit

La manovra varata dal governo Conte rischia di portare l’aereo Italia a schiantarsi. Numeri e analisi su una questione urgente
ANSA/ALESSANDRO DI MEO

Improvvisamente un motore perde potenza. Il velivolo inizia a precipitare, ma il pilota riesce dopo vari tentativi a frenare la caduta e a portarlo in orizzontale, cercando di iniziare pian piano la risalita per superare le montagne che sbarrano la rotta.

A questo punto prende i comandi il secondo pilota, criticando duramente l’operato del collega: «Tutti i tuoi sforzi non ci hanno impedito di continuare a perdere quota!».

Si rivolge ai passeggeri e spiega che farà fare una picchiata all’aereo, perché così poi sullo slancio la risalita dovrebbe essere più veloce. «Una manovra che difficilmente fa guadagnare quota!» – obiettano il primo pilota e i controllori di volo. «E poi una cosa è tentarla quando si è ad una certa altezza, un’altra quando si è ormai così bassi». Ma il secondo pilota dichiara la sua totale sfiducia verso tutti costoro e persiste nel suo piano. Molti passeggeri lo applaudono. Altri si preparano al peggio.

Penso che il lettore abbia colto l’analogia con la situazione della nostra politica di bilancio pubblico.

Lo shock iniziale è stata la grande crisi del 2008 che ha fatto bruscamente cadere il Prodotto Interno Lordo, o PIL (meno 5,5% nel 2009) – con negative conseguenze sui bilanci delle imprese, sull’occupazione, sugli investimenti, sui consumi e sulla solidità delle banche – facendo anche fortemente aumentare il disavanzo, ossia l’eccesso delle spese pubbliche rispetto alle entrate: dal 2,7% del PIL nel 2008 al 5,3% nel 2009, mentre in quell’anno il debito saliva in un sol colpo di ben 10 punti percentuali, arrivando al 112% del PIL.

I dieci anni successivi hanno visto vari tentativi di riacquistare velocità (ossia far crescere il PIL) con risultati all’inizio altalenanti e con modesti successi dal 2015 in poi. Quanto alla velocità di caduta (verso il collasso finanziario), lo sforzo di ridurre il disavanzo, calato progressivamente fino al 2,3% del PIL del 2017, ha solamente  rallentato l’aumento del debito, che ha continuato a crescere sempre più lentamente fino a stabilizzarsi dal 2015 ad oggi attorno al  132% del PIL.

Chi propugna un aumento del disavanzo sembra non considerare che l’aereo è ormai così vicino all’impatto con il suolo che un suo ulteriore abbassamento potrebbe essere fatale.

Il fatto che, partendo dai 10 mila  metri dell’altitudine di crociera, nei primi 9.500 metri di caduta non sia successo niente di irreparabile non ci permette di concludere che cadere di altri 500 metri avrà lo stesso effetto.

Anche perché il terreno contro cui rischiamo di schiantarci non sta fermo, ma si avvicina o si allontana a seconda delle aspettative dei nostri creditori. Mettiamoci nei loro panni.

Se anche in Italia, come in molti altri Paesi, dopo una crisi delle dimensioni di quella del 2008 c’è stata un’impennata del debito pubblico, questo non vuol necessariamente dire che siamo inaffidabili; ma se, una volta passata l’emergenza, anziché impegnarci a ridurre il debito pubblico a livelli più sostenibili, ricominciamo ad allentare i cordoni della spesa senza un chiaro progetto di sviluppo,  beh allora le loro conclusioni possono essere diverse.

E, infatti, già oggi si fidano poco di noi: la promessa di pagare un euro tra 10 anni da parte della cancelliera Merkel nei mercati finanziari vale più di 95 centesimi, mentre un’analoga promessa da parte del presidente Conte ne vale solo 71. Continuando così, in futuro potrebbe valere ancora di meno.

Ma non è necessario pensare ad un complotto. Basta pensare che gli operatori finanziari non sono ciechi.

E allora non abbassiamo ancora quella cloche, tanto più che il volo non è mai pienamente prevedibile: come i piloti esperti ben sanno, vuoti d’aria, colpi di vento, o stormi di uccelli nei motori sono sempre in agguato.

E gli italiani non hanno bisogno di azzardi.

 

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