Non c’è limite che tenga

Fede adamantina e determinazione. L’impegno concreto di Bianca Di Russo e le nuove possibilità aperte nella sanità abruzzese.

Minuta nell’aspetto e grande nell’animo, fragile nel fisico e forte nella tempra, un delicato e disarmante sorriso: tale la fine bellezza di questa donna dagli occhi di cielo. Coerenza adamantina e grande determinazione, fede incrollabile, amore sostanziato non da parole ma da stringente concretezza, sensibilità sociale e delicato riserbo propri di una vera artista… queste alcune pennellate della personalità di Bianca.

Nata a Torre dei Passeri, parte da questa terra il mese di novembre 2020. Negli anni ’60, nutrita dalla spiritualità dell’Ideale di Chiara Lubich, partecipa come giovane protagonista al nascente Movimento Gen (Generazione Nuova). Formata negli studi artistici del liceo e della facoltà di Architettura negli anni caldi della contestazione, fa di questa esperienza, con intelligente apertura, un’opportunità di dialogo su vari fronti. Dedicandosi con grande generosità agli altri, sa trasformare “il limite” in punto di forza, una pedana di lancio non solo per la crescita della sua persona, ma anche per quanti hanno avuto la fortuna di starle accanto.

L’unità e la condivisione, radicate nella fede nell’Amore di Dio, sono la sua forza soprattutto nei momenti più difficili, fino alla fine, quando ripeteva alla sorella Marisa: «Ringrazia tutti. Questa sofferenza non si può sopportare da soli, è possibile solo con Gesù in mezzo a noi!».

Chi scrive ha in sé profondissima gratitudine per l’esempio e la testimonianza ricevuti in dono da lei nel periodo degli anni giovanili, vissuti come vere compagne di viaggio, stimolo di vita e di impegno, che hanno reso ogni successivo incontro, seppur spesso fugace, momento di luce al di là del tempo e dello spazio.

Ma lasciamo a un suo scritto autografo di raccontare qualcosa del suo impegno nell’Aipa (Associazione italiana pazienti anticoagulati):

«Avevo appena superato un intervento al cuore, il terzo nell’arco di 20 anni. Man mano tornavano le forze, ero come una bambina che vede tutto nuovo intorno a sé. Riscoprivo la vita come qualcosa di molto prezioso e volevo viverla come dono per gli altri. Per la patologia ero costretta a fare la terapia anticoagulante, detta Tao, una terapia salvavita allora poco conosciuta che, se non fatta bene, può causare complicazioni fatali. Grazie ai duplici controlli settimanali, si approfondisce la conoscenza con i medici che avevano iniziato a seguire volontariamente quelli che come me in quel periodo erano abbandonati a sé stessi.

Mi parlano dell’Aipa, un’associazione che si stava diffondendo al Nord, e dei Centri di sorveglianza per anticoagulati che si stavano formando per affrontare i problemi di questi pazienti, sempre più numerosi. Mi propongono di attivarmi per costituire una sezione nella nostra città. Mettendo da parte timori e incertezze, sfrutto i tempi prolungati nelle sale d’attesa per conoscere gli altri pazienti, spesso chiusi in sé stessi, condividendo le difficoltà. Mi rendo subito conto che da soli non possiamo far niente, è necessario essere insieme, pazienti e medici.

L’idea dell’associazione a poco a poco sembra definirsi, ma nessuno prende l’iniziativa. Sento che Dio mi chiede di farmi portavoce dei loro problemi. Fisso un incontro tra pazienti e medici per concretizzare. Nel mese di giugno 1996 siamo in 11 a stipulare l’atto notarile. Mi ritrovo con la carica di presidente. Non mi sento adatta a sostenere questo ruolo, ma per amore mi butto in quest’avventura.

Non avendo ancora una sede, continuo a sfruttare le attese nel corridoio dell’ospedale per parlare e coinvolgere gli altri. Ciò che mi preme è che questa patologia non sia vissuta più come un limite, ma come una ricchezza umana che porta alla scoperta di nuovi valori. Mi tornano in mente le esperienze vissute negli ospedali fin da bambina, per cui la malattia era diventata parte essenziale della mia vita e aveva fatto nascere dentro di me l’esigenza di partecipare attivamente alla gestione della cura. L’associazione mi appare quindi importantissima per trasformare il paziente in protagonista e portare i medici a considerare il paziente come persona nella sua interezza e comprendere il modo personale in cui ciascuno vive “il suo essere ammalato”.

Tante le sfide. Il lavoro più grande è portare le persone a fare le cose insieme. Ci troviamo ad affrontare anche delle situazioni per cui non abbiamo le competenze, ma la Provvidenza non manca e alcuni professionisti ci offrono la loro collaborazione. Dopo tanto peregrinare da un locale all’altro, arriva la nostra sede e, grazie alla generosità di qualcuno, anche i mobili e le piante per arredarla. Si susseguono incontri impegnativi con i responsabili della struttura sanitaria, con politici, medici e paramedici per l’istituzione di sezioni Aipa anche nelle altre città dell’Abruzzo.

Non mancano momenti difficili con il desiderio di mollare tutto, ma dietro ogni difficoltà, dolore, fallimento avverto la presenza di Dio che mi sostiene e l’unità con quanti nella mia città condividono gli stessi miei ideali mi dà forza. Nasce una rete spontanea di supporto al nostro agire che genera rapporti e fiducia nuova.

Presto otteniamo l’esenzione del ticket, la possibilità di ricevere un’unica impegnativa per 8 controlli, valida 3 mesi, l’inserimento delle notizie inerenti alla gestione della Tao nei corsi di formazione per i medici di base. Grande impegno viene anche rivolto nell’organizzare l’educazione sanitaria dei pazienti. A livello nazionale le associazioni Aipa presentano proposte di legge al Senato e alla Camera senza molti risultati. A livello regionale, invece, riusciamo ad incidere nella redazione di un progetto che porta i Centri di Sorveglianza per il monitoraggio della Tao in Abruzzo da 3 a 21, uno presso ogni ospedale della regione. Si tratta di un progetto molto importante, il primo in Italia in cui i Centri vengono riconosciuti e finanziati e la nostra sezione diventa referente della Federazione Aipa a livello nazionale. I medici di altri ospedali ci chiedono aiuto e collaborazione.

Nel 2007 il progetto non viene rifinanziato ed io, come presidente dell’Aipa, sono direttamente coinvolta. Sono invitata a parlare in vari contesti, spesso freddi e indifferenti. Mi sento la persona meno adatta, mi viene in mente che nel Vangelo è scritto: “Dio sceglie i deboli per confondere i forti”. È un continuo andare al di là dei miei limiti per la vita della “mia gente”. Vado con altre due persone dell’associazione e con il sostegno di tutti. Dopo varie vicende arriva finalmente la notizia che il monitoraggio della Tao era stato inserito nel Piano sanitario. Il nostro obiettivo principale è raggiunto e l’Abruzzo è la prima regione italiana ad aver istituzionalizzato i Centri di sorveglianza per anticoagulati».

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