Nominato vescovo il prete dei migranti
Un uomo mite, sereno, affabile che diventa d’improvviso determinato, chiaro, sanguigno quando c’è da argomentare sui migranti. Replica in tv con competenza e senza nessuna soggezione ai politici di turno che cavalcano le emergenze e le paure degli italiani di fronte al fenomeno migratorio spesso strumentalizzato in anguste manovre di piccolo cabotaggio.
Sfodera numeri, controbatte, entra in merito con realismo in questioni cruciali che mostra di possedere e governare. Per i tipi di Città Nuova ha scritto nel 2016 il saggio Integrazione come relazione, legame, scambio: voglia di comunità a corredo del romanzo di Francesca Fialdini Sogno di un venditore di accendini.
«Per dirla con Bauman ‒ scrive ‒, l’integrazione nasce solo dalla “voglia di comunità”, dove il termine di comunità è effettivamente il più importante, che suppone un processo di integrazione».
L’integrazione, per Gian Carlo Perego, può nascere, crescere, esistere solo su due coordinate umili: dal basso e nel quotidiano. Coordinate che diventano metafora anche del suo percorso per il suo impegno giornaliero nel silenzio verso il mondo migrante e della mobilità umana. La sua nomina come arcivescovo di Ferrara è in linea con le precedenti fatte da papa Francesco che valorizza semplici sacerdoti che «odorano di pecora», che lavorano per i poveri, per i più umili, per chi ne ha più bisogno.
L’episcopato per papa Francesco «non è un’onorificenza, ma un servizio».
La sfida è costruire le due città: quella celeste e quella terrena. Città terrena che diventa più simile a quella celeste se accetta «la sfida di saper accogliere al suo interno ‒ diceva l’architetto Giovanni Michelucci negli anni Ottanta a Firenze ‒ i diversi di ogni tipo, non per dovere di ospitalità, ma come speranza progettuale». Perego vede nell’accoglienza «il progetto del futuro», la possibilità di generare comunità e non conflitti nelle nostre piccole o grandi città.
Nasce a Vailate (CR), il 25 novembre 1960, anche se è cresciuto nella vicina Agnadello. Entra nel seminario vescovile di Cremona nell’autunno del 1971, dove frequenta le scuole medie e le scuole superiori, e poi lo studio teologico. Ordinato presbitero nel 1984, consegue il baccalaureato in Teologia e nello stesso anno è nominato vicario coadiutore della parrocchia di S. Giuseppe in Cremona.
Negli anni 1986-1994 è tra i fondatori e animatori a Cremona del Centro studi sul disagio e l’emarginazione giovanile, segue la nascita della cooperativa dei servizi per l’accoglienza degli immigrati, con un’attenzione particolare ai richiedenti asilo. Negli anni 1994-1996 soggiorna a Roma, dove frequenta i corsi di dottorato in Teologia dogmatica presso la Pontificia università gregoriana. Dal settembre 1996 è in diocesi a Cremona come insegnante di Patrologia e di Teologia dogmatica e di Introduzione alla teologia: il mistero di Cristo, presso l’università cattolica del Sacro Cuore.
Dal 1997 al 2002 è direttore della Caritas diocesana di Cremona e assistente diocesano della Fuci e del Meic. Dal 2002 al 2006 viene chiamato a Roma dalla Caritas italiana come responsabile dell’Area nazionale. Dal 1 ottobre 2006 è stato incaricato da Caritas italiana di istituire un Centro documentazione unitario con Migrantes e di curare la nascita dell’archivio per la storia della Caritas in Italia. Nel 2009 è stato nominato cappellano di Sua Santità. Dal 1 dicembre 2009 è direttore generale della Migrantes, organismo della Cei, e dal 2012 consultore del Pontificio consiglio per i migranti e gli itineranti.
L’annuncio è stato dato nella cappella di santo Stefano del palazzo vescovile di Cremona. Gian Carlo Perego ha ripercorso le tappe fondamentali della sua esistenza ricordando quelle persone che sono state fondamentali nella sua formazione: «Quando entrai in quinta elementare nel pre-seminario di Caravaggio – ha confidato – mai avrai pensato che un giorno avrei assunto questa responsabilità. Lunedì, subito dopo essere uscito dall’udienza dal nunzio che mi ha annunciato il desiderio del santo Padre, il mio primo pensiero è andato proprio alla chiesa di Cremona e alle tante persone che mi hanno sostenuto, aiutato e sollevato nei momenti di debolezza e di prova».