No alle foto dei terroristi in prima pagina

Alcuni quotidiani italiani e stranieri, come Repubblica e Le Monde, hanno deciso di dare minore visibilità a chi compie stragi per evitare di esaltare falsi eroi e provocare pericolosi tentativi di emulazione. Una riflessione

Desidero rifarmi a quanto avevo scritto nei giorni scorsi sulla necessità di una risposta mediatica al terrorismo dopo quasi due anni ormai in cui i media hanno continuato a fare il gioco degli assassini, mostrando quanto di più orrendo veniva compiuto e lanciando anatemi e dichiarazioni di guerra all’Islam e ai musulmani con un bombardamento mediatico durante notiziari ed interminabili talk show, ripetitivi fino alla noia, se non alla nausea.

 

Finalmente, un segnale controcorrente c'è. Molti giornali, infatti, hanno deciso di non lasciare spazio ai terroristi. A questo proposito ho molto apprezzato quanto Mario Calabresi, direttore di Repubblica, ha pubblicato giovedì in un fondo apparso sulla rivista online, intitolato in modo significativo: Is, ecco perché non mostriamo quelle immagini. «Responsabilità – scrive – significa buttare il video diffuso dallo Stato islamico dei due terroristi che giurano fedeltà alla Jihad. Fornire spiegazioni e contesti e usare più la testa della pancia”. Proprio qui sta il nocciolo della questione: usare la testa. Forse fino ad ora, dobbiamo riconoscerlo, non lo abbiamo fatto. E siamo tutti colpevoli, sia quelli che le notizie le hanno sdoganate senza pensarci su e per vendere il prodotto grazie al raccapriccio provocato, sia coloro che lo hanno fatto accettando di essere manipolati e di stare al gioco di chi la guerra la vuole. Ma colpevoli siamo anche noi, o comunque, tutti quelli che si sono lasciati manipolare inermi, lasciando reagire la pancia o il semplice sentimento.

 

Mi pare fondamentale che una delle testate italiane più lette, come la Repubblica, abbia deciso di interrogarsi e, quindi, di discutere “sull'opportunità di pubblicare le foto dei terroristi e delle stragi”. La decisione che ne è nata – evitare di pubblicare in prima pagina le foto dei giovani terroristi – ci offre segni incoraggianti che, forse, una strategia sta maturando sull’uso più consapevole e costruttivo dei media e dei social networks. Come spesso accade in questi processo mediatici, altri giornali hanno fatto la stessa scelta, ad esempio Le Monde, la BFMTV, la televisione all-news più seguita in Francia, la radio Europe 1 e la tv France 24 – hanno deciso di pixellare i volti dei jihadisti, di non diffonderne più i nomi. Il quotidiano cattolico La Croix userà solo le iniziali.

 

Queste, mi pare, possano essere scelte importanti per una strategia di lotta al terrorismo nel XXI secolo. Proprio le immagini propinate per ore con dovizie di dettagli in ogni grande attentato in Europa – diversa la copertura per quanto avviene in Siria, Afghanistan, Iraq ecc – hanno, infatti, agito da detonatore letale, messo in moto meccanismi perversi e creato panico ed instabilità sociale. In un mondo come quello europeo caratterizzato da una mancanza di identità quasi costitutiva, soprattutto nelle nuove generazioni, con problemi di integrazione dei giovani delle banlieues, con le paure e le paranoie create da partiti politici sulla questione delle migrazioni, abilmente usate senza scrupoli per fini di potere, vedere immagini raccapriccianti, come quelle che ci sono scorse davanti agli occhi dal sorgere dell’Isis, non ha fatto altro che creare nuovi protagonisti di violenza e crudeltà che spesso nulla o poco avevano a che fare con questioni religiose.

 

Per questo mi pare  coraggiosa e incoraggiante la ventilata proposta di legge, appoggiata in Francia da destra e da sinistra, per rendere anonimi i terroristi. Nel frattempo – è sempre Calabresi a darci queste notizie – è stata lanciata una petizione in rete con le stesse finalità, che ha già raccolto oltre 80.000 firme. Cosa succederà? Proviamo ad immaginarlo. Chi compie questi atti criminali e cruenti per semplice spinta all’emulazione o per un presunto martirio con copertura mediatica universale, rimarrà un semplice ‘nessuno’, che ha compiuto un atto criminale esecrabile. In altre parole, i terroristi resteranno dei criminali, ma anonimi, senza volto e senza nome. Chi si sentirebbe di seguirli o imitarli? Certe spinte, senza dubbio, si affievoliranno.

 

Desidero solo sottolineare che abbiamo perso due anni in questo processo di rispondere con la positività alla follia omicida. Ora che alcuni uomini e donne dei media decidono di cambiare rotta e fare scelte coraggiose da cittadini e da cristiani mi pare che siamo chiamati ad interrogarci se non sia necessario appoggiarli per favorire il processo e velocizzarlo. Sono convinto che alla fine, sebbene tutto questo non sia assolutamente sufficiente a sconfiggere il terrorismo, chi tiene in mano le briglie di questa ‘guerra asimmetrica’ o ‘guerra a pezzi’ dovrà cambiare strategia o, comunque, rivedere quella attuale. Soprattutto, mi pare, potremo affrontare la situazione con maggiore equilibrio mentale ed emotivo.


 

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