No al razzismo in Champions League

I calciatori del Paris Saint-Germain e quelli dell’Istanbul Basaksehir si sono inginocchiati insieme per protestare contro un commento ritenuto razzista. La partita di Champions si è svolta il giorno dopo, con il risultato di 5 a 1 per i francesi.

Probabilmente sarà l’immagine, se non l’icona, che resterà di questa stagione calcistica tra le squadre europee. È accaduto all’inizio della partita di Champions tra il Paris Saint-Germain (Psg) e l’Istanbul Basaksehir di mercoledì 9 dicembre. I calciatori di entrambe le squadre, un ginocchio a terra in mezzo al verde del terreno sportivo e con il pugno alzato, hanno rievocato un gesto ben noto da qualche anno, soprattutto nel football americano, e con lo stesso significato: no al razzismo… Tra i commenti dei giornalisti sportivi sull’episodio, questo riassume bene la portata del gesto: «Mostra una nuova consapevolezza del problema in un sindacato con una grande capacità di influenza sociale».

La partita al Parco dei Principi era in programma il giorno precedente, martedì 8, ma pochi minuti dopo il fischio d’inizio, un’espressione inadeguata da parte del quarto uomo rivolta al camerunese Pierre Webo, membro dello staff tecnico della squadra turca, è bastata per sollevare la protesta dei giocatori (di entambe le squadre in campo) tanto da indurre l’arbitro a sospendere la partita. L’espressione rumena usata dal quarto uomo per indicare il camerunese è stata: “ala negru” (traducibile con “quello nero”). Secondo alcuni si è trattato di un “apparente caso di razzismo banale”, ma è stato sufficiente a fare di due un’unica squadra contro il razzismo.

Non è certo la prima volta che un episodio analogo accade in un evento sportivo, senza provocare una tale reazione mediatica. Questa volta ha però trovato il terreno adatto per non passare sotto silenzio. Da una parte, la questione del razzismo in Francia è forse più scottante che in altri Paesi europei, e poi era molto recente, del 26 novembre, un video che mostrava tre poliziotti francesi che picchiavano Michel Zecler, un produttore musicale parigino di colore, video che aveva causato grande indignazione nei francesi, che, nel forte dibattito politico in corso sulle norme di sicurezza, non tollerano più i comportamenti violenti e razzisti della polizia.

Va anche considerata la personalità del protagonista delle parole inadeguate: Sebastian Coltescu, il quarto uomo. È un rumeno di 43 anni con una carriera contrassegnata da episodi clamorosi. Se con i suoi atteggiamenti cerca di mettersi in mostra, vi è certamente riuscito. È arrivato a mostrare in una sola partita fino a sei cartellini rossi; in un’altra ha annullato tre gol ad una squadra mentre ha ignorato un fallo da espulsione di un giocatore della squadra avversaria; ha preso per il collo un giocatore che contestava una sua decisione; una volta un giocatore gli ha baciato la mano per chiedere perdono delle proteste. Insomma, questi modi di fare, motivarono nel 2015 la decisione nel Comitato tecnico degli arbitri di escluderlo dalle partite internazionali. Chissà come, è però tornato…

Anche se si vuole qualificare l’episodio come “apparente caso di razzismo banale”, non è certo il caso di coinvolgere altri nella polemica. Il presidente della Turchia, Recep Tayyip Erdogan, ha subito dichiarato: «Condanno fermamente il commento razzista rivolto a Pierre Webo e credo che l’Uefa dovrebbe agire immediatamente. Non siamo indifferenti al razzismo e alla discriminazione nello sport e nella vita in generale!». E non è nemmeno decoroso offendere l’orgoglio nazionale dei rumeni, come ha rischiato di fare l’ex arbitro Ion Craciunescu: «La federazione degli arbitri rumeni ha perso enormemente a causa di questi dirigenti incompetenti (…), siamo in caduta libera e quello che è successo stasera sarà un marchio difficile da cancellare per gli arbitri rumeni».

Ma al di là delle discussioni nell’ambiente calcistico, resta il fermo, simbolico e unanime gesto di protesta dei giocatori delle due squadre.

 

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