Nine

Esce il 22 gennaio il film di Rob Marshall. Il cast è stellare e la scenografia grandiosa; ma forse il regista ha fatto il passo più lungo della gamba.
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Quando si dice di non fare il passo più lungo della gamba. Invece il povero Rob Marshall, regista a suo tempo del film musicale di successo Chicago, il passo l’ha fatto, eccome, attirandosi gli strali dell’intera stampa americana e quelli, prevedibili, della nostra.

 

Nine non è un brutto film. Le star ci sono, da Daniel Day-Lewis a Nicole Kidaman, da Judi Dench a Penélope Cruz, da Marion Cotillard all’inossidabile Sophia Loren. Le musiche e i balletti ci sono anche quelli, luccicanti, estrosi; la scenografia è grandiosa, americana, appunto. Ma il film non galoppa, anzi purtroppo non corre. Riecheggia scopertamente il Fellini di Otto e mezzo, proprio in questi giorni in cui il regista italiano avrebbe compiuto novant’anni, ma ne è lontano anni luce. Gli manca l’anima. La storia del regista in crisi di ispirazione, delle sue donne e amanti, della sua attrice favorita, del ricordo della madre, e poi tutto il clan della gente di cinema formano un “circo umano” tale che avrebbe bisogno di altre mani per poter essere credibile.

 

Nine è un prodotto di imitazione, un musical di alta commerciabilità, con l’Italia stereotipata vista dagli americani (il Sud, Roma, la dolce vita, canzoni, ristoranti, mamme e monsignori…), attrici non proprio al top (la nostra Loren, la Kidman), un Day-Lewis dall’aria un po’ confusa; si salva Penèlope Cruz nei balletti virtuosistici e nei momenti sentimentali un po’ almodovariani.

 

Nine piacerà a chi cerca lustrini, dive vecchie e giovani, saranno contenti i nostri attori (Martina Stella, Elio Germano, Valerio Mastandrea nelle loro particine) e chi ama uno spettacolo innocuo, facile, insomma. Ma forse sarebbe stato meglio essere meno ambiziosi e non scomodare la musa di Fellini.

 

In uscita il 22 gennaio.

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