Nigeria in recessione
A causa del calo del prezzo del petrolio e della recessione economica provocata dal Covid-19, la Nigeria è ufficialmente entrata in recessione. Questa è la seconda volta in quattro anni. Il crollo del mercato petrolifero mondiale ha avuto un impatto pesante sull’economia del Paese più popoloso dell’Africa (oltre 200 milioni di abitanti). Il prezzo del greggio che all’inizio di gennaio 2020 si aggirava sui 69 dollari al barile è crollato ad aprile fino a 11 dollari, vale a dire sottocosto, per risalire agli attuali circa 43 dollari, ma le prospettive per il 2021 non sono rosee, anche nel caso che la pandemia di Covid-19 regredisca grazie ai nuovi vaccini.
Prima della diffusione della pandemia, la Banca Mondiale e il Fmi prevedevano che nei prossimi cinque anni la Nigeria avrebbe creato milioni di posti di lavoro. Negli ultimi anni, infatti, il Paese ha avuto una crescita complessiva del Pil di oltre il 7%. Al settore trainante, quello petrolifero, si stavano affiancando altri settori, come il commercio e le telecomunicazioni. Eppure, con una contraddizione tipicamente africana, la disoccupazione interna si aggirava lo scorso anno intorno al 23% e il tasso di povertà non era lontano dal 60%.
Il Pil della Nigeria, che resta il più grande paese produttore di petrolio del continente, si è contratto nel terzo trimestre 2020 del 3,62%, dopo che era già diminuito del 6% nel trimestre precedente. Lo ha comunicato sabato 21 novembre il portavoce del Bureau of Statistics nigeriano. «Nei primi nove mesi del 2020, il Pil complessivo è quindi sceso del 2,48%», ha aggiunto. A causa del calo di prezzo del petrolio e della contrazione della domanda, la Nigeria ha deciso di ridurre la sua produzione di greggio da 2 a 1,4 milioni di barili al giorno. Il Bureau of Statistics ha attribuito questa decisione anche all’impatto negativo sull’economia mondiale dell’epidemia da coronavirus, che come noto ha provocato anche la riduzione drastica dei consumi energetici.
In effetti, anche la stessa economia interna nigeriana ha subito una flessione a causa della crisi da Covid-19. All’inizio del secondo trimestre di quest’anno, il governo ha imposto misure quali la limitazione dei movimenti tra gli stati che compongono la Federazione nigeriana, la chiusura di scuole e imprese. Misure che hanno rallentato l’economia portando il calo dell’attività non petrolifera a meno 6,05% alla fine del secondo trimestre. Una flessione che è continuata nel terzo trimestre di un ulteriore 2,51%.
Una situazione catastrofica per le casse dello Stato, per le quali il petrolio rappresenta comunque circa la metà delle entrate, e per il settore privato, la cui attività dipende in gran parte dalle importazioni, che sono in difficoltà.
Il Fondo monetario internazionale ha previsto nel 2020 un calo del Pil della Nigeria del 5,4%, ma il Governo e la Banca Centrale nigeriana stanno considerando che la contrazione potrebbe arrivare al 8,9%. Anche se la Banca nigeriana prevede una ripresa già nel primo trimestre 2021, una recessione di questa entità non si verificava da almeno 40 anni.
Nel tentativo di far fronte alla crisi, le autorità sono intervenute per rimuovere parte degli storici sussidi sul prezzo della benzina e consistenti riforme delle norme relative all’industria petrolifera sono sul tavolo. Nonostante tutto, però, il presidente nigeriano, Muhammadu Buhari, ha presentato il 19 novembre scorso all’Assemblea nazionale un piano preventivo di investimenti per il 2021 del valore di 13.080 miliardi di naira (28,9 miliardi di euro), vale a dire un budget superiore di circa il 20% a quello presentato lo scorso anno. «Generare reddito è la nostra sfida principale», ha affermato il presidente. Naturalmente occorre trovare i fondi per finanziare un piano così ardito. Lo stato dovrà chiedere prestiti alle istituzioni finanziarie internazionali se vuole attuare questo budget, e prevederne le coperture.
Per ora, il Fondo monetario internazionale (Fmi) ha approvato, ad aprile scorso, un piano di finanziamento di emergenza per sostenere la lotta contro la pandemia in Nigeria, per un importo di 2,9 miliardi di euro.