Niente scuse, serve il perdono
Ho letto il breve articolo sul chiedere scusa, a partire dalle parole pronunciate dal papa nell’udienza generale. Non userei la parola scusa, che sa molto di buona educazione, di galateo, di gesto perbene ed esteriore. Quante scuse chiediamo in una giornata e quanti conflitti ignoriamo.
La parola perdono è parola fortissima, è parola di Gesù sulla croce: "Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno". È parola potente, nella sua debolezza, ma nella potenza dell'amore e della misericordia. È parola efficace, della efficacia disarmata della croce.
Siamo chiamati a perdonare settanta volte sette, secondo quanto dice Gesù nel vangelo. Dunque una misura senza misura, un limite senza limite, una riconciliazione a caro prezzo.
È parola che trasfigura e cambia la storia. È la scelta del dono radicale, del per-dono, del dono senza limiti e senza misura, che trasfigura e cambia il cuore delle vittime, che danno il perdono e chiedono il perdono, che libera i carnefici dalla prigionia dell'odio e della vendetta.
Il perdono non ha misura: è perdonare l'imperdonabile. È intercedere radicalmente per l'altro in un amore senza limiti, fino a dare la vita. Non si perdona a percentuale. Non si banalizza il perdono con il galateo e la buona educazione. Il perdono nasce e ha il suo fondamento nel dare la vita, crocifissa per amore e nell'amore di Gesù.
Come dice il salmo 130, presso il Signore è il perdono. Ecco, il perdono è la casa di Dio e delle vittime. Gesù che ha dato la vita per noi quando eravamo nemici e peccatori. Ecco, il perdono è il dono radicale, è il dono pieno della vita per tutti, a partire dai nemici. Il perdono è il pieno dispiegamento dell'amore ai nemici.
Il papa, con tono solenne e drammatico, in piazza ha detto: “In nome della Chiesa, vorrei chiedervi perdono per gli scandali di questi ultimi tempi, sia a Roma, che in Vaticano".
A chi chiede perdono il papa? Innanzi tutto ai malati, che in settecento erano nella sala Paolo VI, ai poveri di Dio, che erano nella piazza, a tutti coloro che sono mendicanti di misericordia e perdono e che cercano Dio e sono viandanti verso di lui.
Il papa chiede perdono "a nome della Chiesa", dunque a nome dei padri sinodali, che rappresentano tutta la Chiesa, nella figura dei vescovi convocati a Roma per il sinodo.
E il papa chiede perdono per gli scandali, accaduti nella chiesa e nella città. Il papa invoca Gesù, che dalla croce perdona, perché la Chiesa in sinodo non diventi prigioniera di giochi e di calcoli di potere che sono la misura del diavolo, del divisore dentro di essa.
Il gesto penitenziale del papa rivela il mistero di molti cuori e indica loro la via della conversione, come nel caso della Misericordia e della miseria a confronto nel vangelo di Giovanni.
Il gesto del papa non è un gesto astuto, ma un gesto di consegna. La dove opera il perdono di Gesù e la sua preghiera, il divisore è cacciato via, anche nelle forme rituali di gesti ecclesiastici.
Il perdono di Gesù, invocato dal papa, diventa parola decisiva del sinodo, la via del rinnovamento evangelico della Chiesa. Senza il perdono, tutto diventa astuzia politica e abilità ecclesiastica. Per questo il papa ha detto, in umiltà e debolezza, quella parola, che è il cuore stesso del vangelo per tutte le persone.