Nicola Toce e il potere della fantasia

L'artista lucano ha esibito le sue maschere nella casina delle Civette, nel museo di Villa Torlonia a Roma. Una rivisitazione di miti arcaici e di credenze credute morte ma ancora vive

Si è appena chiusa a Roma – al museo di Villa Torlonia, nella Casina delle Civette – una rassegna dedicata alle maschere costruite dall’artista lucano Nicola Toce. Una di quelle mostre dove la fantasia è al potere. Ma non come divagazione senza senso o estetizzante, ma come rivisitazione originale di miti arcaici, di credenze che si credevano morte eppure son sempre vive. La maschera è il mito, essa è in fondo ciò che ci spaventa o ci attira o che vorremmo essere. Toce spazia attraverso personaggi spiritati immaginari ma pure reali, perchè frutto di terrori atavici, di immaginazioni più o meno funeste, di esorcismi dal male, in definitiva.

La cartapesta, materiale umile spesso disprezzato eppure usato nei secoli per i trionfi dei potenti da parte di artisti come Beccafumi, Vasari, Algardi e Bernini– tanto per fare dei nomi -, possiede quell’umiltà che facilita la creazione. Materiale duttile, effimero se si vuole, facile da impastare, da lievitare, da colorare.

Ecco la rassegna dei volti inventati, o meglio creati da Nicola Toce che affascinano, come spiriti che vengono da un “altrove”. Favole antiche di una infanzia mai dimenticata in quella terra pacifica, tenue e misteriosa che è la Lucania. Hanno nomi impronunciabili e suggestivi: Assuglie, Cascion’, Linghhemuzz’, Mashcatur’, m’Nzaccafum’ e così via. Fino ad  A Ricchiemuzz (2018), una medusa lucana fatta di cartapesta, olio e terre colorate. Un volto misterioso, un pianto sgomento, una cavità delle orbite dove possono penetrare i pensieri e rivivere chissà quali ancestrali emozioni.

In un tempo, il nostro, in cui tutti siamo invitati dai media ad indossare la maschera che piace alla società consumistica che vive di apparenze e di finzioni, la rassegna ci riporta all’autenticità del nostro essere. A dirci cosa ci possa essere sotto la maschera in cui ci nascondiamo. In queste costruzioni di cartapesta e colori ad olio ci sono i pensieri e i terrori della vita. Perciò le opere di Nicola Toce hanno un funzione evocativa e se si vuole quasi magica.

Vogliono evocare un passato-presente e nello steso tempo liberarci – con i loro volti deformi, striduli – dalle paure. Perché l’epoca in cui viviamo è una notte  piena di terrori. Perciò queste maschere della deformità possono racchiudere un invito a liberarsene, a togliere l’apparenza che ci deforma e tornare ad essere liberi. Strano, ma la passeggiata tra questi volti contristati fa bene. Dietro a ciascuno infatti ci può essere la vita vera. Basta scoprirlo. Forse è questo l’invito sommesso di Nicola Toce?
(catalogo De Luca)

 

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