Niccolò Fabi, fuori dagli schemi
«Ci sono un sacco di tuoi colleghi che non fanno altro che lamentarsi d’esser costretti a scrivere sempre le solite cose dei soliti dischi, ma poi quando gliene arriva uno veramente fuori dai cliché, lo ignorano». Ha ragione Niccolò Fabi, cantautore di buon curriculum e talento eclettico, che di recente s’è lanciato in un’impresa davvero coraggiosa e fuori dalle consuetudini del music-business (in primis perché col business non ha davvero molto a che fare…).
L’idea era semplice, come quasi tutte quelle buone. Il nostro ha buttato giù un brano (di fatto una piccola cellula compositiva, basata su un semplice giro di re minore a 124 bpm) e l’ha affidato a un manipolo di amici e colleghi appartenenti alle più diverse scuole espressive. Con un mandato elementare: «Su questa base di partenza, create quel che vi pare, ispirandovi al tema della violenza». Violenza 124 nasce così: un azzardo tanto spericolato quanto intrigante, finanziato di tasca propria dallo stesso Fabi.
Il risultato è un patchwork di suoni, suggestivo nelle soluzioni, originale nell’approccio e negli esiti, e benemerito per ciò che sottintende. Di fatto è una piccola suite che s’illumina di schizzi multietnici con l’ensemble italo-senegalese della Artale Afro Percussion Band, si contamina col post-rock di Boosta dei Subsonica; sterza verso i deliri sperimentalisti dei Mokadelica per poi ammorbidirsi con gli archi dello Gnu Quartet; si rinchiude nel minimalismo dolente di un Roberto Angelini fino a prender il volo con la lirica di Olivia Salvadori e Sandro Mussida che chiudono il lavoro. È chiaro che un disco così non è fatto per vendere o per finire nelle playlist (anche se alcuni episodi sono davvero godibili), ma innanzi tutto per rispondere a un bisogno di confronto e di incontro con linguaggi musicali e sensibilità artistiche diverse dalle proprie: «Volevo utilizzare la musica – spiega Niccolò – come un luogo dove fare incontrare gli artisti che stimo intorno a un progetto da condividere, libero da ogni costrizione formale: volevo un principio, più che un fine». Ma il doppio cd è anche qualcosa di più: la conferma che la musica può essere un eccellente strumento di dialogo fra culture e scuole stilistiche diverse; un antidoto all’egocentrismo quasi endemico di quest’ambiente che propone una nuova sintesi tra l’individualismo tipico di ogni atto creativo e il collettivismo un po’ forzato di tante imprese solo apparentemente similari: «L’album offre solo una delle infinite possibilità di montare tutto il materiale prodotto – commenta Fabi –. Una selezione che corrisponde al mio gusto, seguendo un percorso emotivo e non un esercizio di stile».
Violenza 124 non è un capolavoro immortale né una rivoluzione epocale, ma è piuttosto un apripista per nuove ipotesi di fare musica insieme: e il fatto che i media l’abbiano snobbato, è un dato che oltre a far riflettere, un po’ ce lo conferma…