Nibali, il re in giallo
Quell’umile e faticosa bicicletta. È il ciclismo che riscatta la malasorte dello sport italiano. Messo in archivio il pallone sgonfio di un infame Mondiale utile solo a sfamare l’oblio della memoria ritorniamo ad essere campioni per mano, o meglio sarebbe dire per gambe, di un ragazzo chiamato Vincenzo, figlio della famiglia Nibali di Messina.
Vincenzo, detto Enzo, parte dal Sud senza barba né patente per risalire lo stivale alla ricerca di sportiva ventura. E arriva. A conquistare la vita, la libertà, una carriera d’atleta per sé stesso e oltre.
Mette piedi e base in Toscana, a Mastromarco, provincia di Pistoia per imparare il mestiere del ciclista nella terra che è e che fu di Bartali e Nencini, Bitossi e Ballerini. Campione italiano juniores nel 2002 ad Asolo per schiarirsi le idee e diventare l’eletto di una onesta profezia che puntuale si avvera e si svela in una crescita costante. Al Giro d’Italia dal 2010 al 2013, terzo, secondo, primo, poi la Vuelta di Spagna e un altro campionato italiano, questa volta dei grandi tanto per chiudere il cerchio e aprire un capitolo che parte di slancio con questo Tour de France.
Siamo ritornati a sperare e a sognare in giallo nel mese di luglio come da tempo non succedeva. Erano i tempi di Pantani, il lontano 1998, un ciclismo che non c’è più. Christopher Froome, l’ultima maglia gialla a Parigi, è tornato a casa dopo cinque tappe con il polso sinistro e la mano destra fuori uso. Alberto Contador, primo nel 2007 e nel 2009 ha salutato tutti ieri con una tibia malconcia causa caduta.
Se è vero che le corse in bicicletta terminano solo sulla riga bianca ancora tutto e molto di più può succedere pensando alle Alpi e ai Pirenei all’orizzonte, con tutto il rispetto per le salite alsaziane dei Vosgi. Intanto ci teniamo Vincenzo in maglia gialla, i nostri furori, le epiche fantasie da chanson de geste. Ieri, 14 luglio, verso l’arrivo di Planche des Belles Filles ci siamo divertiti nel veder una palla di cannone che ha sgretolato le mura nemiche a due chilometri e mezzo dall’arrivo. Abbiamo messo a braccetto la presa della Bastiglia ad un’altra rivolta nazional popolare: quella di Nibali che non ci sta e non vuole lasciarsi scappare lo scettro legittimo di una ciclistica sovranità in terra di Francia.
Vincenzo è il vassallo silente del tricolore anche se la bandiera di casa nostra sventola con fare improbabile su una equivoca maglia di campione nazionale disegnata da una dirigenza kazaka con il debito in geografia. Poco importa se Nibali non veste il vero tricolore. Ci ridiamo sopra se il colpo d’occhio tradisce e suggerisce d’essere in presenza del campione ungherese o di un forte corridore della selezione dello stato tedesco Renania Settentrionale-Vestfalia. Noi ci copriamo di giallo e andiamo a Parigi.
CLASSIFICA GENERALE DOPO LA 10a TAPPA
1. Vincenzo Nibali (Astana) in 42h33'38"
2. Porte (Aus) a 2'23"
3. Valverde (Spa) a 2'47"
4. Bardet (Fra) a 3'01"
5. Gallopin (Fra) a 3'12"
6. Pinot (Fra) a 3'47"
7. Van Garderen (Usa) a 3'56"
8. Peraud (Fra) a 3'57"
9. Rui Costa (Por) a 3'58"
10. Mollema (Ola) a 4'08"