Newman: il santo dei laici

Il pastore anglicano. La conversione al cattolicesimo. Il “Padre assente” del Concilio

Dimmi che amici hai e ti dirò chi sei. John Henry Newman s’era scelto come amico Filippo Neri, un santo geniale di qualche secolo prima. Anche Newman era un tipo speciale: poeta, drammaturgo, filosofo, teologo, fondatore in Inghilterra dell’Oratorio di San Filippo Neri. Da vescovo fu un pastore che si prese cura della sua gente. Ora è santo, canonizzato da papa Francesco il 13 ottobre durante il Sinodo per l’Amazzonia.

Newman (1801-1890) era un anglicano. A un certo punto della vita, preso atto della deriva protestante della Chiesa d’Inghilterra, chiese di entrare a far parte della Chiesa cattolica. Come ogni genio e profeta ebbe incomprensioni sia con i vecchi compagni di religione, sia con i nuovi, e anche con quelli che come lui da anglicani erano diventati cattolici. Le sue idee, troppo avanti per i suoi tempi – si era nell’800 –, furono invece accolte più tardi dal Concilio Vaticano II, durante il quale fu citato così tante volte da guadagnarsi il titolo di Absent Father, padre assente.

John Henry Newman potrà ora a buon titolo essere considerato il “santo dei laici”. Fu infatti paladino della causa dei laici, che ai suoi tempi erano in secondo piano nella Chiesa. Studiando l’eresia di Ario dei primi secoli del cristianesimo, Newman aveva capito che tanti credenti erano rimasti fedeli alla verità, mentre i loro vescovi si erano fatti ingannare. Newman credeva nel senso della fede del popolo, e vedeva nella frattura tra clero e laicato qualcosa di simile a quello che anni più tardi Igino Giordani avrebbe chiamato «un’eresia in atto, che scindeva l’uomo da Dio nell’Uomo-Dio».

Ma i laici, sosteneva Newman, devono essere preparati, devono conoscere a fondo la dottrina della Chiesa, perché sono in prima linea su tutti i fronti della società. Devono inoltre avere grande intimità con Dio e fare perciò affidamento senza timore sulla propria coscienza. Che per Newman non è andare dietro alle proprie opinioni, ma ascoltare dentro di sé «l’originario vicario di Cristo». Tanto che nella celebre Lettera al Duca di Norkfolk scriveva: «Se fossi obbligato a introdurre la religione nei brindisi dopo un pranzo (il che in verità non mi sembra proprio la cosa migliore), brinderò, se volete, al papa; tuttavia prima alla coscienza, poi al papa».

Oggi la situazione è molto diversa dai tempi di Newman, e anche da quelli del Vaticano II che ha sancito l’importanza del ruolo dei laici. Le forze del clero si stanno riducendo. Gli antichi ordini religiosi attraggono ancora per il desiderio di spiritualità che c’è nelle donne e negli uomini del nostro tempo, e anche per la delusione che provano per un mondo che si fa sempre più imponderabile, incerto, complesso e ambiguo. Ma sono fenomeni piccoli.

Nella Chiesa del prossimo futuro i laici saranno determinanti, perché clero e ordini religiosi non potranno sostenere da soli la sfida del mondo che si sta formando. Nel XXI secolo la Chiesa cattolica o sarà laica o non sarà. Per questo motivo la canonizzazione di Newman è quanto mai significativa. La Chiesa dall’inizio del Medioevo fino alle prime avvisaglie dell’Umanesimo e dell’Illuminismo è stata il faro dell’innovazione culturale, tecnologica e sociale del mondo occidentale. I monasteri erano la Silicon Valley dell’antichità: lì si faceva cultura, medicina, agricoltura, tecnologia, lì si formavano gli archivi, si componeva musica, si commissionava arte.

Dal Concilio di Trento in poi, invece, la Chiesa si è prodigata in stupefacenti opere sociali e in grandiose realizzazioni caritative, ma non è più stata presente nei luoghi dove si creano le tendenze globali, dove si fa cultura e innovazione. Questo è lo spazio che i laici oggi devono riconquistare. Non per ritrovare nuove forme di potere, ma per dare guida e speranza al mondo, da autentici seguaci di Cristo.

Scriveva Newman: «Il laicato oggi è per lo più un ulteriore sviluppo del clericalismo nella Chiesa, gran parte di esso è sì centrato nella Chiesa, ma ha poco a che fare con la comunità del mondo. La politica, il mondo degli affari, delle varie professioni, il mercato rionale, la famiglia, il vicinato, la cultura, questi sono gli ambienti della vocazione del laico nel mondo». Facendo tesoro dell’insegnamento di Newman, i laici cristiani dovranno darsi da fare per animare i progressi intellettuali e sociali dei tempi odierni, e ricondurli nella sfera del divino. Il XXI secolo avrà drammaticamente bisogno di loro.

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