Il New York Times e le bombe italiane
Con i parlamentari ormai a casa per lo scioglimento delle Camere decretato dal presidente della Repubblica Mattarella, il governo Gentiloni è ora al centro di un servizio giornalistico preparato da tempo dal New York Times per denunciare il traffico di bombe in partenza dall’Italia con direzione Arabia Saudita.
Il video, collocato in evidenza sulla home page del celebre quotidiano liberal statunitense, mostra non solo le vittime civili dei bombardamenti operati dalla coalizione saudita nel conflitto in corso contro i ribelli houti. Oltre le immagini delle rovine e dei corpi straziati, si legge il marchio di fabbricazione degli ordigni lanciati sulla folla ( bombe MK8 con la matricola A4447) che rimanda al sito produttivo collocato nelle campagne del Sulcis Iglesiente. Cose risapute da fonti italiane. Dalle indagini di Giorgio Beretta alle prime pagine di Avvenire, per fare qualche nome.
Niente di nuovo, in effetti, come affermano i primi commenti che arrivano dalla Farnesina. Secondo il ministero degli Esteri guidato da Angelino Alfano si tratta di «una vicenda già nota, sulla quale il Governo ha fornito chiarimenti più volte nel corso della legislatura, anche in sede parlamentare». La nota ripete la tesi già sostenuta da Gentiloni quando era titolare della Farnesina e cioè che «l’Arabia Saudita non è soggetta ad alcuna forma di embargo, sanzione o altra misura restrittiva internazionale o europea».
LE MOZIONI RIGETTATE ALLA CAMERA
Una tesi ribadita nel dibattito alla Camera del 19 settembre 2017 che ha bocciato, a maggioranza, le mozioni che chiedevano di fermare l’invio di bombe destinate ad alimentare la guerra in Yemen. Tali mozioni riportavano le istanze di una affollata conferenza stampa promossa alla Camera dei deputati il 21 giugno da diverse associazioni e movimenti (Rete italiana disarmo, Banca etica, Amnesty international, Rete pace, Movimento dei Focolari, Oxfam), già autori di una lunga e dettagliata lettera di denuncia indirizzata al ministro Alfano nel marzo di questo 2017 che sta per terminare.
In quella conferenza stampa di giugno, i rappresentanti di Medici senza frontiere avevano riferito dei bombardamenti subiti dalle loro strutture ospedaliere con vittime tra i pazienti e il personale sanitario. Proprio per farsi carico di questa responsabilità morale e politica è stata centrale, in quella sede, la testimonianza del Comitato formatosi nel maggio 2017 in territorio sardo per una riconversione economica capace di andare oltre il ricatto occupazionale di una fabbrica di bombe collocata in una zona martoriata dalla crisi.
Nella denuncia del prestigioso quotidiano Usa, controllato da 120 anni dalla famiglia Ochs-Sulzbergers, si mettono in evidenza rigorosamente i fatti, assieme alle dichiarazioni di due parlamentari sardi di opposizione, Cotti (M5S) e Pili (Unidos), e sullo sfondo, le immagini di manifestanti isolati davanti ai muri della fabbrica italiana di proprietà del gruppo tedesco Rheinmetal.
UNA RESISTENZA OSTINATA E PROPOSITIVA
Manca la notizia vera e cioè che esiste inaspettatamente una resistenza civile che cerca di costruire percorsi alternativi. Come è avvenuto il 19 luglio con l’intero consiglio comunale di Iglesias che si è dichiarata “città di pace” a favore di processi di riconversione economica del territorio. Come è avvenuto il 3 dicembre con un intera giornata di studio ad Iglesias a partire dagli obiettori alla produzione bellica, artefici della legge 185/90 che vieta l’invio di armi ai Paesi in guerra, per arrivare a una serie di proposte concrete da presentare, ad esempio, al progetto del Piano Sulcis varato dalla Regione Sardegna per lo sviluppo del territorio. Senza dimenticare l’importante contributo giuridico di Adriana Cosseddu, docente di diritto penale all’Università di Sassari, che ha evidenziato l’illiceità del transito di bombe verso i Paesi in guerra. Questione che è già oggetto di diversi esposti alla magistratura italiana. Anche se non si può tacere il ruolo del gruppo tedesco Rheinmetal dove, come ha reso noto Roberto Sedda di Banca etica, dal marzo del 2017 è entrato nel consiglio di amministrazione un ex ministro della Difesa di Berlino
Di questo percorso originale si farà portavoce Cinzia Guaita, del comitato riconversione Rwm, nell’intervento che farà il 31 dicembre alla marcia della pace numero 50 che quest’anno Pax Christi ha organizzato a Sotto il Monte, il paese bergamasco dove nacque nel 1881, in una famiglia di contadini, Angelo Roncalli, futuro Giovanni XXIII, il papa della Pacem in terris.
C’è molto di più da raccontare per chi ha orecchie da intendere.