Netta vittoria del centro-destra
Analisi del voto. Il governo si consolida, ma vede riscritti gli equilibri interni con gli alleati. L'opposizione esce indebolita. Ora la sfida è la conciliazione tra le diverse anime del Paese per avviare sul serio una stagione riformista.
Dunque la vittoria del centro-destra è stata netta, segnata dalla clamorosa conquista del Piemonte e dalla affermazione nel Lazio, in Campania e in Calabria, oltre alle scontate Lombardia e Veneto. Il governo si consolida alla guida del Paese, ma vede riscritti i propri equilibri interni: l’asse è sempre più Berlusconi-Bossi; anzi, no: Bossi-Berlusconi. Ciò verosimilmente si tradurrà nel programma di riforme di cui i due leader sono portatori: compimento del federalismo, a partire da quello fiscale; giustizia e presidenzialismo.
La Lega torna a Roma da superstar: è la cronaca di un trionfo annunciato, con in più il successo riportato anche in Emilia Romagna, Marche e Toscana, mentre il Pdl vede ridimensionato il proprio mordente, nonostante la campagna elettorale condotta da Berlusconi, presente quotidianamente sulle tivù a fronte dell’azzeramento dei dibattiti politici. Il che fa si che il presidente del Consiglio si intesti il successo e ridimensioni l’ala “finiana”, con la quale, com’è noto, non c’è perfetta coincidenza di programmi riformisti.
Sul fronte dell’opposizione, il Pd esce indebolito, soprattutto al Nord, l’Idv avanza e l’Udv registra un risultato modesto (ma vanno tenute d’occhio le liste di protesta, a partire da quella di Beppe Grillo che in Piemonte ha coagulato un determinante 4 per cento). È però sulle alleanze che occorre riflettere. Globalmente, resta l’incertezza sulla possibilità effettiva di una alternativa di governo da proporre agli italiani: è vero che il centro-sinistra ha mantenuto sette regioni, ma al Nord l’alleanza Pd-Udc-Idv-sinistra non ha sempre dato i frutti sperati (in Piemonte, l’argine alla Lega non c’è stato), mentre al Sud la Puglia è stata riconquistata da Vendola con una alleanza marcatamente di sinistra.
A urne chiuse, quali i rischi e le prospettive? Due dati allarmanti: le spaccature che attraversano il Paese (quella Nord-Sud tra tutte) e l’impennata dell’astensionismo che fotografa la distanza crescente tra politica e cittadini. Le prospettive sono invece legate ai tre anni di tregua elettorale che si aprono (salvo possibili referendum confermativi…) e che sfidano la maggioranza a garantire una tenuta non litigiosa al suo interno e ad un linguaggio più conciliante nei confronti dell’opposizione, per avviare una stagione riformista che abbia al centro la coesione sociale e politica del Paese.