Nessuno mi può giudicare
Il film di Bruno racconta una “certa” Italia, dove Alice si ritrova a fare l’escort per saldare un debito. Davvero nessuno la può giudicare?
Senza avere troppe pretese di autorialità., Massimiliano Bruno si cimenta per la prima volta nella regia. Racconta di Alice (Paola Cortellesi), che vive ai Parioli, ha un marito, un figlio di nove anni e tre domestici extracomunitari. Ma il marito muore all’improvviso e lascia la carte scoperte. È indebitato fino all’osso, così la giovane signora un po’ snob deve andare a vivere in un quartiere popolare di Roma, tra romani “de core” ed una folla di immigrati.
Che fare? Alice, tra mille esitazioni, si decide: fa, di nascosto da tutti, la escort, un mestiere che, per quanto le dia fastidio, “rende” e qui il richiamo all’attualità, è ovvio. Ma c’è di mezzo Giulio (Raoul Bova, qui molto bravo), gestore di un Internet Point, onesto e dignitoso, che lotta quotidianamente per vivere, con cui lei, dopo alcuni contrasti, inizia una storia d’amore.
Intorno a loro, la folla pittoresca di un quartiere romano, invadente ma generosa. Giulio però scopre il lavoro di Alice e fra i due è la rottura. Ma poi, quando lei lascerà il “lavoro” perché ha guadagnato abbastanza per pagare i debiti, l’amore riprende, perché lui la perdona.
La storiella è questa e gli attori sono bravi, divertenti al punto giusto, il ritmo corre e ci scappano le risate. Forse Massimiliano voleva irridere il mestiere di escort, tuttavia sembrerebbe che , insomma, il fine giustifichi i mezzi e quindi fare l’escort va anche bene, pur di saldare i conti. Ma è proprio vero? Raoul Bova, cioè Giulio, si era offeso per questo motivo, anche se alla fine ha perdonato Alice: basta che non ci riprovi o non ci provino altre, potrebbe forse concludere. E poi non è vero, che nessuno “la “ può giudicare. Giulio non sarebbe, forse, nemmeno qui daccordo.