Nessuno è innocente

La testimonianza di una insegnante da Bruxelles, la capitale del Belgio, dove vige ancora il livello massimo di allerta terrorismo. Cosa ci può far restare umani?
Bruxelles

Cari amici, su Bruxelles incombe un cielo grigio e una pioggia fitta, a tratti gelata, che sembra piovano spilli.

 

La città è blindata, la metro è chiusa e ci raccomandano di non uscire nei luoghi pubblici, nei centri commerciali, di evitare concerti, bar. La paura serpeggia, come una nebbia fitta, entra dentro il corpo quando uno respira. Nessuno è innocente, mi ripeto mentre porto il cane a fare la pipì per le strade vuote di St. Gilles.

 

Ieri sono stata direttamente coinvolta in una situazione di guerra. La mia scuola è stata evacuata per un allarme. Nonostante fossimo circondati da un cordone di soldati e di servizi di sicurezza, a un certo punto la notizia che "qualcosa non andava" è arrivata all'interno della scuola, ci hanno detto di chiuderci dentro le aule e aspettare.

 

Per la prima volta in vita mia ho conosciuto la paura, il mio corpo ha reagito all'istinto di sopravvivenza (adrenalina, sistema cardiocircolatorio in allerta, cuore che martella nelle tempie, tunnel vision) e quando mi sono svegliata da questo stato di sonnambulismo, mi sono ritrovata con le altre persone evacuate a camminare come tanti fantasmi verso la libertà, la sicurezza, verso casa. La sensazione che mi ha colpito è stata che eravamo tutti, tutti soli. E che nessuno era innocente. Qualcosa è cambiato in me ieri.

 

Quando sono tornata a casa mi sono dovuta lavare, ho messo tutti i vestiti in lavatrice a sterilizzare. Mi sentivo sporca, colpevole. E poi mi sono chiesta che cosa potevo fare.

 

Oggi lo so cosa è importante. Cosa ci può salvare, cosa ci può far restare umani. È l'arte e la fratellanza. Perciò chiamiamo gli amici, incontriamoli, scambiamo con loro i libri, i fumetti, ascoltiamo con loro la musica. Tiriamo fuori gli strumenti e suoniamo.

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