Nepi, non solo acque
Cosa non c’è da scoprire a Nepi, rupestre comune del Viterbese di neppure diecimila abitanti, che dall’alto di uno sperone tufaceo strapiomba sull’ondulata campagna romana! Città falisca ma fortemente influenzata dalla cultura etrusca e di antichissima fondazione (458 anni prima di Roma, a dare ascolto alla leggenda), deve il suo nome alla parola etrusca Nepa, ovvero acqua: e in effetti può definirsi “città delle acque” per quell’Acqua di Nepi oggi apprezzata ed esportata in tutta Italia.
Municipio ricco e potente sotto i romani, sede vescovile già nel IV secolo, saccheggiata più volte durante le invasioni barbariche, Nepi conobbe nell’Alto Medioevo un nuovo periodo di splendore perché attraversata dalla via Amerina, durante le guerre greco-gotiche unico collegamento tra Roma a Ravenna. Costituitasi in libero comune nel 1131, subì alterne vicende nelle lotte tra papato e impero; divenuta possedimento feudale, venne concessa agli Orsini, ai Colonna, agli Sforza, e a questi poi tolta da papa Alessandro IV per donarla, elevata al rango di ducato, alla famosa figlia Lucrezia Borgia. E fu, questo che va dal 1537 al 1545, uno dei periodi più floridi per la cittadina. Che successivamente tornò sotto il dominio diretto della Santa Sede. Saccheggiata nel 1798 dalle truppe francesi in ritirata da quelle borboniche, conobbe lo scontro tra i due eserciti, nel quale ebbe la meglio quelle francese. Nel 1805 ospitò Pio VII di ritorno dall’esilio parigino; e finalmente, occupata nel 1870 dalle truppe italiane, fu annessa al Regno d’Italia.
Per gran parte del XIX secolo Nepi rientrò nel circuito del Grand Tour, che vide viaggiatori, artisti e pittori accorrervi a frotte, attirati anche dalle bellezze naturali degli immediati dintorni: luoghi spesso ancora selvaggi e incontaminati come le già citate Forre, scavate dalla millenaria azione erosiva dei torrenti in quel tufo caratterizzato dalle suggestive “vie cave”, antichissimi percorsi risalenti all’epoca falisca.
Di tanta storia, la cittadina conserva ricchissime testimonianze: risalgono al periodo romano e tardo-imperiale le necropoli e la catacomba di Santa Savinilla (uno dei maggiori complessi funerari dell’Italia centrale), al Rinascimento la Rocca dei Borgia, circondata da possenti mura, e i Bastioni Farnesiani, progettati da Antonio da Sangallo il Giovane, al Settecento l’Acquedotto monumentale. E poi innumerevoli torri e palazzi medievali e rinascimentali, chiese paleocristiane e cinquecentesche.
Questi brevi cenni per quanto riguarda le glorie passate. Ma proprio di recente il nome di Nepi è tornato a risuonare al largo per un evento di carattere ecclesiale: la beatificazione, avvenuta il 17 giugno scorso, di Cecilia Eusepi, una giovane diciottenne originaria di Monte Romano (Viterbo), ma morta in questa cittadina il 1° ottobre 1928 e qui sepolta nella chiesa dei Servi di Maria, San Tolomeo. Una ragazza semplice, una mistica del nostro tempo: aveva dato il suo cuore a Dio, consapevole di «essere niente». La sua passione? «Cantare l’amore».