Nelle terre di Schiavone
È decisa Marilena Scudieri quando saliamo sulla macchina del Corpo forestale dello Stato. «Il peggio, le mostrerò il peggio». Ci dirigiamo verso san Cipriano d’Aversa e Casal di Principe, il feudo di Schiavone, capo indiscusso della camorra dei rifiuti. Ci scorrono a fianco ettari di terra coltivata ad ortaggi profumati e dai colori brillanti, mentre cumuli di spazzatura ne costituiscono in alcuni tratti il confine maleodorante e malsano. Alcuni sono stati bruciati da qualche settimana, altri sprigionano qualche filo di fumo. Il cumulo davanti al quale la jeep si ferma nel giro di poche ore è destinato a diventare un rogo tossico che sprigionerà diossina e altri veleni, senza poter far molto per impedirlo.
Sono in 35 le guardie forestali operanti sull’intera provincia, «una quarantina se contiamo chi sta in ufficio – spiega la Scudieri, commissario capo del comando provinciale del Corpo forestale di Caserta –. Non riusciamo a far fronte a tutte le urgenze e i roghi scoppiano spesso nei nostri cambi turno o quando non siamo in servizio». C’è amarezza e rabbia nella sua voce mentre mi parla degli enormi problemi ambientali di questa terra, un tempo felix. «I disastri ambientali in Campania sono noti: ci sono atti giudiziari, c’è il rapporto Ecomafie, ma non si può scrivere che la nostra sia una regione da evacuare, anche se il direttore di un grosso ipermarket ha disdetto l’importazione di prodotti campani. La Terra dei fuochi non è la Campania. Parliamo di un territorio limitato e non si può criminalizzare una regione con implicazioni economiche non indifferenti».
Nel nostro giro incontriamo diversi contadini intenti a raccogliere i prodotti dei campi. «Uno di loro si è rivolto ad un laboratorio privato per far analizzare quanto produce perché ci teneva lui stesso a sapere quali frutti stava coltivando», spiega l’agente Giuseppe Ciccarelli. Ci fermiamo in una stradina secondaria mentre un camion verde affianca due donne rom intente a prelevare ferro da un rogo ancora fumante. I controlli del corpo forestale entrano in azione ma si può fermare qualcuno solo perché ha una sbarra di ferro in mano? Talvolta i rom sono proprio i primi bonificatori di questi cumuli di spazzatura perché differenziano quello che più gli torna utile, ma sottovoce qualcuno sussurra che tra loro c’è chi dà fuoco alla monnezza per appena 50 euro.
Far chiarezza è quello che chiedono le persone. Far chiarezza è quello che chiede anche il commissario, soprattutto sui territori realmente inquinati: «Servono mappe con dati tecnico-scientifici inconfutabili perché qui la gente si ammala di tumore più che altrove e ha diritto di sapere se questo incremento statistico è collegato alla terra in cui vive e ai prodotti di cui si nutre».
Percorrendo una strada secondaria che collega Casal di Principe a San Cipriano veniamo accompagnati nel tragitto da un letto di bottiglie di vetro vuote. «Probabilmente un pub che ha sversato illegalmente» è il commento unanime dei due agenti. Passiamo davanti ad una struttura teatrale nata da una confisca alle proprietà di Francesco Schiavone, mentre il commissario Scudieri precisa che l’emergenza rifuti presenta tre ordini di problemi: «Uno culturale, legato alla cattiva educazione delle persone; uno criminale, gestito dalla camorra; uno industriale, frutto di aziende che lavorano in nero e smaltiscono in nero». Distinguere l’ordine dei problemi consente di adottare strategie differenti anche per quanto riguarda i rifiuti soggetti a roghi e quelli invece sotterrati. Il corpo forestale dello Stato proprio su quest’ultimo fronte è impegnato nel monitoraggio di ben 600 cave, alcune ricoperte, nella sola provincia di Caserta. Con sulle spalle il geomagnetometro, una specie di zainetto rilevatore delle sostanze ferrose, gli agenti sono in grado di rilevare se nel sottosuolo si trovi sepolto qualche bidone tossico o qualche lavatrice, afferma la Scudieri sorridendo: esperienza evidentemente non nuova.
Non è vero quindi che lo Stato sia assente, guardando il lavoro di questi uomini in divisa. Ci sono responsabilità differenti e non si può ancora una volta generalizzare. Ad esempio la rimozione dell’amianto spetta agli enti preposti, così come il recupero degli pneumatici che una convenzione con la società Ecopneus rende gratuito. Anche i depuratori sono di competenza dei comuni, che in questi luoghi di frontiera sono spesso commissariati e quindi dovrebbe occuparsene il prefetto. Poi c’è lo smaltimento di rifiuti ingombranti, anche questo di competenza di consorzi e comuni. E infine, ma non ultima, la paura di un sistema criminale che non fa sconti.
La nomina del prefetto Donato Cafagna come commissario per i rifiuti e per i roghi tossici è stata salutata felicemente dai due esponenti del corpo forestale, poiché la cabina di regia insediatasi presso la prefettura di Napoli sta per la prima volta coordinando in modo efficace forze di polizia, Asl, Arpa, enti locali. «Non è vero quindi che lo Stato non esiste, anzi su quel tavolo arriva ciò che si è fatto e ciò che non si è riusciti a fare. Del resto ci sono comuni con due unità di polizia municipale e cosa possono fare di fronte a un’emergenza di queste proporzioni?», spiega ancora la Scudieri.
Il Patto sulla Terra dei fuochi poi sigla pubblicamente un impegno al lavoro comune anche con i cittadini chiamati a segnalare roghi o attività di sversamento illecito per un risanamento del territorio davvero comune. E anche i comitati spontanei sorti nei vari comuni della Terra dei fuochi testimoniano un impegno e una volontà forte di non lasciarsi morire di veleni. Attraversando queste terre verdi, ti sembra impossibile pensarle velenose. Eppure ho una leggere esitazione ad accostarmi alla verdura profumata appena offertaci: servono dati certi, serve restituire certezza alle donne che cucinano per i loro familiari; serve non criminalizzare i contadini in modo indistinto e circoscrivere un fenomeno per restituire una vita normale a chi sulla Nola-Villa Literno ha costruito il suo presente e il suo futuro.