Nelle maglie di usura e racket

La relazione 2020 del Commissario straordinario per il coordinamento delle iniziative antiracket e antiusura, Annapaola Porzio, fotografa la situazione attuale del paese. Scende il Pil, aumenta la povertà, cresce il rischio di usura. Il timore che la criminalità possa utilizzare le risorse del Recovery Plan
Quentin Metsys - Gli usurai

La crisi economica derivata dall’emergenza coronavirus ha messo in difficoltà molte aziende. Più alto, per tante “partite Iva”, il rischio di finire nelle maglie dell’usura. Le piccole imprese, che hanno pagato in prima persona gli effetti nefasti della pandemia (aziende chiuse, imprenditori e dipendenti costretti a restare tra le mura domestiche), i lavoratori autonomi ed i liberi professionisti sono i più esposti ai pericoli di essere avvicinati da usurai ed estortori.

È uno dei dati che emerge dalla relazione annuale 2020, presentata dal Commissario straordinario per il coordinamento delle iniziative antiracket e antiusura, Annapaola Porzio.

Fino ad oggi, nei primi nove mesi dell’anno 2020, il “Comitato di solidarietà per le vittime dell’estorsione e dell’usura” in Italia ha esaminato 1584 posizioni ed ha concesso contributi, elargizioni e mutui per un totale di 18.600.000 euro. Sono soldi che andranno a coloro che hanno avuto il coraggio di denunciare e che hanno rifiutato l’”aiutino” offerto dagli strozzini.

In quest’anno, la maggior parte delle richieste di aiuto sono arrivate dalla Campania e dal Veneto, con circa 30 istanze; dalla Puglia ne sono arrivate una ventina, quindici dalla Lombardia. Le istanze per estorsione sono state 60 dalla Campania, 50 dalla Puglia, 20 dalla Sicilia. La Campania è anche la regione dove sono arrivate le maggiori risorse: circa un milione di euro per mutui e cinque milioni per le vittime di estorsione. In Sicilia sono arrivati 4,8 milioni di euro per estorsione, in Puglia 1,7 milioni.

Quali sono i settori più colpiti? Primeggia il commercio (ingrosso e dettaglio), insieme alle officine, con il 77 per cento di richieste presentate. Il settore turismo (alberghi e ristorazione) ha presentato il 9 per cento delle richieste. La maggior parte dei decreti emessi dal “comitato” ha però riguardato il settore edile (18 per cento); solo il 12 per cento per il commercio. Ai primi posti, stranamente, non compare il settore agricolo.

Ciò che più preoccupa, però, è la maggiore incidenza dettata dall’emergenza coronavirus. Qualcuno aveva persino bisogno dell’aiutino speciale per comprare il pane quotidiano. Spesso l’usuraio vestiva i panni più accattivanti del benefattore, magari in vista di possibili utilità future, che potrebbero inficiare o compromettere l’assetto delle aziende.  Un dato che sarà possibile analizzare nei prossimi mesi. Porzio ha voluto richiamare l’attenzione di tutti «sull’espansione del cosiddetto ‘welfare mafioso di prossimità’, ovvero quel sostegno attivo alle famiglie degli esercenti attività commerciali e imprenditoriali in difficoltà o in crisi di liquidità».

Porzio ha parlato quindi di «future connivenze» ed ha palesato il rischio che gli usurai possano infiltrarsi in futuro all’interno delle aziende. «Penso, in particolare – ha aggiunto – a ciò che sarà fatto in esecuzione del Recovery Plan e delle altre misure pubbliche di sostegno».

Un rischio da non sottovalutare. Anche perché il PIL è notevolmente sceso ed il dato sembra costante anche nel secondo semestre 2020 e questo rischia di impoverire ulteriormente il paese. Le risorse pubbliche possono essere una grande opportunità per l’Italia e per gli altri paesi europei, ma bisogna a tutti i costi evitare che essi favoriscano le “imprese nere”, o i finanziatori occulti, a scapito del tessuto produttivo sano del paese che costituisce lo scheletro e l’asse portante dell’economia italiana e fonte di reddito per le famiglie.

 

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