Nell’amore la gioia più profonda

Ricca di spunti l’omelia di Benedetto XVI durante la messa crismale nella basilica vaticana.
Papa omelia

Una vera e propria catechesi, come spesso è sua abitudine, quella che Benedetto XVI ha svolto durante la Messa del giovedì santo in san Pietro. Nell’omelia il papa si è soffermato sui simboli costitutivi dei sacramenti: l’acqua, il pane, il vino e l’olio e in particolare su quest’ultimo per la particolarità che esso riveste nell’ambito della celebrazione odierna, la Messa del crisma, appunto.Nutrimento, medicina, elemento che “dà bellezza, allena per la lotta e dà vigore”, l’olio è presente nel nome stesso di cristiani, parola che deriva da Cristo, l’unto, sottolinea il pontefice.

 

Ricordando come “l’olio è segno della bontà di Dio che ci tocca” in quattro sacramenti (battesimo, cresima, i vari gradi dell’ordine e l’unzione degli infermi), Benedetto XVI spiega che nell’antichità si è collegata “la parola greca ‘elaion’ – olio – con la parola ‘elos’ – misericordia. Di fatto, nei vari sacramenti, l’olio consacrato è sempre segno della misericordia di Dio. Nella lampada della nostra vita non dovrebbe mai venir a mancare l’olio della misericordia”.

 

E se i cristiani dovrebbero essere “persone di pace”, ciò non di meno essi debbono lottare per il bene. La loro lotta, sottolinea il papa, “consisteva e consiste non nell’uso della violenza, ma nel fatto che essi erano e sono tuttora pronti a soffrire per il bene, per Dio. Consiste nel fatto che i cristiani, come buoni cittadini, rispettano il diritto e fanno ciò che è giusto e buono. Consiste nel fatto che rifiutano di fare ciò che negli ordinamenti giuridici in vigore non è diritto, ma ingiustizia. La lotta dei martiri consisteva nel loro "no" concreto all’ingiustizia. (…) Con il loro "no" alla falsità e a tutte le sue conseguenze hanno innalzato il potere del diritto e della verità. Così hanno servito la vera pace. Anche oggi è importante per i cristiani seguire il diritto, che è il fondamento della pace. Anche oggi è importante per i cristiani non accettare un’ingiustizia che viene elevata a diritto – per esempio, quando si tratta dell’uccisione di bambini innocenti non ancora nati”.

 

Ma se da una parte è richiesto l’eroismo nel testimoniare la propria fede, dall’altra non manca la dimensione della gioia che viene dal sapere “che noi siamo voluti ed amati da lui”. E il papa specifica in cosa consiste la letizia cristiana: “Questa letizia è una cosa diversa dal divertimento o dall’allegria esteriore che la società moderna si auspica. Il divertimento, nel suo posto giusto, è certamente cosa buona e piacevole. È bene poter ridere. Ma il divertimento non è tutto. È solo una piccola parte della nostra vita, e dove esso vuol essere il tutto diventa una maschera dietro la quale si nasconde la disperazione o almeno il dubbio se la vita sia veramente buona, o se non sarebbe forse meglio non esistere invece di esistere.

 

La gioia, che da Cristo ci viene incontro, è diversa. Essa ci dà allegria, sì, ma certamente può andar insieme anche con la sofferenza. Ci dà la capacità di soffrire e, nella sofferenza, di restare tuttavia intimamente lieti. Ci dà la capacità di condividere la sofferenza altrui e così di rendere percepibile, nella disponibilità reciproca, la luce e la bontà di Dio. (…) Chi ama è pronto a soffrire per l’amato e a motivo del suo amore, e proprio così sperimenta una gioia più profonda”.

“Preghiamo che la sua letizia ci pervada sempre più in profondità – conclude Benedetto XVI – e preghiamo di essere capaci di portarla nuovamente in un mondo che ha così urgentemente bisogno della gioia che scaturisce dalla verità”.

 

 

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