Nella festa di Sant’Ambrogio più sobrietà e solidarietà

Il tradizionale “discorso alla città” del cardinale Dionigi Tettamanzi, ha scosso le coscienze dei cittadini e provocato forti reazioni. Il Vangelo continua a “far scandalo”.
Duomo Milano

In un’atmosfera già natalizia, Milano si è raccolta intorno alla memoria di Sant’Ambrogio per ascoltare l’orazione spirituale e civile del proprio cardinale. Le parole del “discorso alla città” quest’anno sono risuonate quanto mai forti e urgenti e le reazioni non sono mancate.

 

Tre in particolare i nodi su cui riflettere. C’è bisogno di tradurre il Vangelo in piccoli gesti e segni di prossimità, va promossa con decisione una nuova solidarietà che assuma la forma dell’incontro, del dialogo, della condivisione tra le istituzioni pubbliche e le forze vive della società civile. L’appello del cardinale non è stato generico. Egli ha ricordato i nomi propri del prossimo che possiamo incontrare: il bambino e il giovane solo, la famiglia in difficoltà, lo straniero che non viene accolto, la comunità di rom sgomberata dal campo di fortuna.

 

La solidarietà può nascere solo entro una società più giusta, che viva con maggiore sobrietà. «La sobrietà apre agli altri e ridimensiona l’importanza eccessiva che diamo a noi stessi; ci apre agli altri e in ogni cosa ci interpella a partire dal bisogno altrui. In ambito ancor più personale, vivere secondo sobrietà aiuta a verificarsi su quale sia la vera sorgente della felicità».

 

Infine, c’è bisogno di riportare al mondo il vero significato della croce. «Conserviamo la presenza del crocifisso, simbolo cristiano ma anche simbolo profondamente umano». Ma, conclude il cardinale, «il Crocifisso è risorto! Non limitiamoci a considerare il crocifisso come segno di un’identità. Dobbiamo passare dal simbolo alla realtà, alla realtà di Gesù Cristo morto e risorto e veniente, persona viva, concreta, incontrabile, sperimentabile. Conserviamolo questo simbolo, ma soprattutto viviamolo con umile, forte e gioiosa coerenza».

 

È lo scandalo del Vangelo che chiede di essere vissuto, prima che annunciato, che chiede di privilegiare la verità alle apparenze, l’autenticità all’immagine.

 

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