Nel segno delle grandi democrazie
Partiamo dalla legge elettorale. Sin dagli anni ’80, sulla scia dell’insegnamento di Roberto Ruffilli, la finalità prima è stata quella di dare al cittadino l’arbitro nella scelta dei Governi superando la proporzionale pura che invece dava quel potere decisivo ai partiti dopo il voto. Visto che è cresciuta la frammentazione degli elettori, vogliamo o no tenere ferma sul piano nazionale quella scelta ed evitare grandi coalizioni eterogenee, visto che per i Comuni e le Regioni questo è comunque garantito con l’elezione diretta del sindaco e del Presidente con un premio di maggioranza?
Se sì, come credo dobbiamo fare, non c’è niente di più democratico di un doppio turno. Al primo il premio si prende se si raggiunge il 40%: una soglia esigente. L’Inghilterra ha appena votato con un sistema maggioritario e la Polonia con un sistema proporzionale: in entrambi i casi il primo partito ha preso meno del 40% dei voti con un'unica Camera che dà la fiducia e ha avuto più del 50% dei seggi. Se nessuno vince c’è uno spareggio tra le prime due liste: tutti gli elettori possono tornare in campo e decidere. L’alternativa sarebbe che decidessero i loro partiti dopo il voto, una scelta oligarchica. Col 54% di premio (a differenza del 60%) dei Comuni non si può eleggere da soli né il Presidente della Repubblica né i membri laici del Csm (ci vuole il 60% dei votanti), né i giudici della Corte di estrazione parlamentare (ci vuole il 60% dei componenti): tutte votazioni segrete, peraltro. Quindi il premio è solo per governare, non anche per gli organi di garanzia.
C’è poi una seconda finalità, quella di scegliere bene i rappresentanti: c’è un doppio canale, l capolista bloccato stampato sulla scheda (come se si trattasse di un collegio uninominale) e le preferenze per gli altri, in un ambito relativamente piccolo (sei seggi per collegio, mezzo milione di elettori).
Vi è poi la riforma costituzionale. Ci si allinea alle grandi democrazie parlamentari dove il Governo è legato solo alla fiducia di una Camera, evitando così paralisi per risultati contraddittori e, di conseguenza, chi vince le elezioni alla Camera può attuare il suo programma sulle principali leggi, tranne alcuni ambiti di garanzia, come la revisione costituzionale, dove i poteri restano rigorosamente paritari.
Si tratta di soluzioni che le forze politico-parlamentari non hanno affatto inventato, ma che hanno ripreso da serie elaborazioni come quelle della commissione dei saggi nominata dal Governo Letta, composta da decine di studiosi e con la moral suasion del Presidente Napolitano che ha invitato a scrivere finalmente pagine che il Costituente del 1946-1947 dovette lasciare aperte per il clima di sfiducia reciproca.
Per questo le critiche di un certo costituzionalismo ansiogeno sono fuori centro. Ovviamente quasi tutte queste scelte potevano essere fatte anche con strumenti ansiogeni, ma gli appelli ansiogeni dimostrano di non condividere la finalità di far funzionare l’Italia secondo gli standard di tutte le grandi democrazie parlamentari. No sguardo disperato su un Paese che invece merita di meglio, un investimento serio sul futuro.
Qui il testo dell'audizione integrale del professor Ceccanti in Senato
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NOTA PER REFERENDUM
Questo articolo esprime l’opinione personale di chi lo ha scritto. Città Nuova ha deciso di dare spazio ad un dialogo aperto ed esigente tra i sostenitori del SI e del NO in vista del referendum costituzionale del 4 dicembre secondo il criterio espresso in questi articoli.
http://www.cittanuova.it/c/458365/Divisi_verso_il_referendum_Appello_ad_un_voto_consapevole.html
http://www.cittanuova.it/c/458287/Il_referendum_alle_porte_Continuiamo_il_confronto.html
Ascoltando l’invito all’unità del Paese come espresso dal Movimento politico per l’unità in Italia
http://www.cittanuova.it/c/457053/Referendum_No_allo_scontro_tra_guelfi_e_ghibellini.html
Ovviamente anche le interviste rientrano fisiologicamente nella finalità di offrire un approfondimento nell’ascolto delle ragioni del SI e del NO.