Nel segno della Resurrezione

Finalmente. Terminata l’epoca dei lamenti sulla morte o la difficoltà dell’arte a contenuto cristiano (definizione forse da preferirsi ad arte sacra o cristiana tout court, ché l’arte vera è sempre elevazione verso lo Spirito), è davvero una bella sorpresa percorrere delle mostre che dicono una fioritura di creatori i quali, senza rinnegare il passato o affidarsi ciecamente alla sperimentazione, seguono la loro ispirazione personale, basata sull’oggi della fede, con assoluta libertà innovativa. È certo utile dare uno sguardo alla storia: le chiese del Triveneto conservano manufatti, oreficerie, stampe, sculture e dipinti fin dai primi secoli cristiani di forte impatto artistico: penso al Cristo risorto del Vivarini, icona classica quattrocentesca, o alla Resurrezione del Tiepolo, morbida evocazione del prodigio, per restare ai capolavori della mostra al Museo Miniscalchi Erizzo. Ma i contemporanei attirano per l’originalità nell’interpretare il tema antichissimo, e difficile, della Resurrezione. C’è la scultura, formidabile come dramma e liberazione di Luciano Oliveti (2003), vero urlo cosmico di dolore che si fa gioia; o l’esplosione di sangue e luce nella tela di Teresa Soardi (2006) o lo stupefacente Cristo che appare ai discepoli di Marco Arman (2006) di un biancore misterioso. Certo, bisogna amare l’arte, per avere il coraggio di superare il passato e scommettere sul presente. Carlo Cattelani, collezionista e mecenate emiliano scomparso nel ’99 – uomo di fede – era una di queste persone. Convinto che gli artisti sono, a loro modo, dei santi, li cercava, li valorizzava. Fra le opere da lui raccolte, eccone due che ne esprimono il coraggio. Concetti spaziali di Fontana – icona del trascendente assoluto – e la Preghiera di Yoko Ono (1991), un ascendere di segni verso l’alto come una musica. A rompere il diaframma fra il divino e l’umano. Anche questo è un segno di resurrezione.

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