Nel segno della fraternità
Se fraternità e pace sono parte del linguaggio della politica internazionale e dell’azione diplomatica quali grandi aspirazioni della famiglia umana, spesso sono indicate come obiettivi impossibili, magari adombrate dal desiderio di potenza o dalla ricerca di soluzioni limitate, egoistiche e di parte, pur se perseguite in nome dei cosiddetti interessi nazionali. Una realtà che lo scorso 9 gennaio non è sfuggita a Benedetto XVI che non ha esitato a spiegare come fraternità e pace appartengano alle categorie proprie delle relazioni internazionali. L’occasione era quella del tradizionale incontro con i popoli della Terra rappresentati dai 179 diplomatici accreditati in Vaticano, a cui il papa ha offerto una lettura dei fatti internazionali coinvolgente e chiara. La costruzione di rapporti giusti e solidali risulta quotidianamente compromessa dalla miseria, dai conflitti, dalla negazione della vita in ogni sua fase dalla mancanza di riconciliazione tra le persone, tra i popoli, negli apparati statali, fino alle forme di integrazione tra Stati. Parole calate poi nella realtà dei diversi continenti, evidenziando anzitutto il successo dei processi di rappacificazione, di solidarietà, di dialogo, che coinvolgono persone e strutture, rispondendo ad aspirazioni autenticamente umane e, nel contempo, agli sforzi per garantire stabilità, giustizia, solidarietà. Elementi, questi ultimi, visti come criteri per individuare le situazioni negative delle diverse aree del pianeta: ed ecco gli attentati alla vita umana, le crisi umanitarie, l’instabilità politica dell’Africa; la limitata estensione delle garanzie sociali che maturano in America Latina; l’incontrollata crescita economica dell’Asia dove permangono i rischi dei conflitti nucleari; la mancata coesistenza tra la diversità di fedi e di apparati statali che segna il Medio Oriente; l’indifferenza verso le proprie radici che esprimono i processi di aggregazione dell’Europa. La fraternità e la pace, allora, non sono un richiamo retorico, ma il frutto dei gesti responsabili di ciascuno. Gesti necessari in un mondo che dispone di mezzi adeguati per porre fine allo scandalo della fame e della povertà, per garantire una sicurezza che non sia violata e derisa, per salvaguardare la vita, la dignità e quindi i diritti di ogni persona. E proprio ponendo la persona, nella sua dimensione individuale e collettiva, nel cuore della Comunità internazionale e del suo diritto, Benedetto XVI indica una strada per superare gli ostacoli che l’inerzia degli apparati statali e interstatali determina sulla cammino dell’umanità.